L'export di vino italiano in Usa vede una battuta d'arresto. Lo segnala l'Italian Wine & Food Institute di New York, che qualche giorno fa ha diffuso i dati relativi ai primi 10 mesi del 2017. "Zero incremento in quantità, zero incremento in valore" recita la nota dell'ente newyorkese presieduto da Lucio Caputo. Questa fase di stallo segue a un lungo trend di costante incremento delle esportazioni italiane. Ma il dato su cui riflettere è che, nel frattempo, le importazioni vinicole complessive negli Stati Uniti continuano a crescere del +7,8% in quantità e +6,2% in valore.
Chi ne beneficia?
A trarne vantaggio sono gli altri Paesi produttori. Mentre le vendite del vino made in Italy sono in stallo, migliorano le performance dei principali concorrenti dello Stivale, come Australia (che segna +26,1% in quantità e +1,1% in valore), Germania (+7,4% e +5,2%), Nuova Zelanda (+10,8% e +9,3%), Portogallo (+9,2% e +9%), Spagna (+17,7% e +2,9%). Ma sono i vini francesi, in particolare, a rappresentare una sfida insidiosa per la nostra produzione, con tassi di crescita a due cifre: +17,6% in quantità e +17,7% in valore.
Rischiamo di perdere la leadership in Usa
«Perdere la vincente posizione di leadership sul mercato americano, faticosamente conquistata e mantenuta per molti anni, avrà un effetto estremamente negativo e dirompente sul piano dell’immagine». Le parole di Lucio Caputo, presidente dell'Italian Wine & Food Institute, tradiscono una forte preoccupazione per l’attuale situazione e per i rischi che ne possono derivare. «La presenza vinicola italiana rischia di perdere prestigio e successo, con gravi conseguenze sul piano commerciale».
Perché il vino italiano non cresce
Qual è l'origine di questo stallo? Prosegue Caputo: «Negli anni scorsi si sono utilizzati i limitati fondi pubblici disponibili per attività che tendevano ad incrementare l’offerta, in un mercato pressoché chiuso all'aumento del numero dei fornitori, senza far praticamente nulla per incrementare la domanda, con gli attuali risultati. Adesso invece che sono stati assegnati fondi di notevole rilievo, che se ben impiegati potrebbero forse ancora invertire l’attuale negativa situazione, si continua a perdere tempo per seguire assurde e burocratiche norme. Ignorando il danno che si sta arrecando alle esportazioni italiane del settore».