abbinamenti di Roberto Anesi
La lentezza, la cura, la storia, il sapore, il caldo del fuoco. Queste le parole chiave di uno dei piatti più importanti della cucina italiana. L’importanza, in questo caso, è sinonimo di quella maestosità che parte dalla ricerca accurata della materia prima, fino all’estrema attenzione richiesta nella preparazione. La casoeûla, al pari degli altri piatti della tradizione povera, sconta il prezzo di non essere stata pensata per i tempi veloci della cucina moderna. Oltre al fatto che non tiene conto della forte impronta stagionale. E della difficoltà nel reperire oggi ingredienti che un tempo erano di uso comune nella tradizione contadina lombarda. È proprio nel paradosso tra la semplicità originaria di questa preparazione e la difficoltà di trovarla oggi realizzata in maniera autentica che sta la raffinatezza di questo piatto sinonimo dell’inverno.Il segreto della casoeûla: cottura a regola d'arte
Difficile cuocerlo a regola d’arte, perché è dalla cottura che dipende la consistenza. Quando avveniva sulla stufa, la cottura era più gestibile. Oggi, per essere ideale, dovrebbe avvenire su piastre a induzione o comunque con un frangifiamme di ghisa per proteggere il fondo della casseruola. Il risultato è un piatto “sgrassato” e denso, con un fondo un poco appiccicoso per le proprietà gelatinose delle cotenne e dei piedini che, insieme all’orecchio di suino, sono gli ingredienti senza i quali non si può parlare di casoeûla, ma più semplicemente di costine e verze, altra ricetta regionale.Non esiste una versione light
Tipica del Milanese, con particolare riferimento alla città di Monza (quando questa non era famosa per l’autodromo ma per essere, insieme alla Brianza, la campagna vicina a Milano), la casoeûla è il piatto che più rispetta il detto contadino che del maiale nulla si butta, piuttosto si trasforma e in questo caso si trasforma in un piatto ricco di sapori e di condimento, impossibile da cucinare in versione light.Quando vino e casoeûla si incontrano
La “pesantezza” della casoeûla ha bisogno di essere contrastata nell’abbinamento al vino. Anche in relazione «all’uso di vari tipi di carne, della verza e di quell’immancabile untuosità che ne esaltano le note di tendenza dolce e di succulenza intrinseca che in questo piatto sono sicuramente le protagoniste principali», come sottolinea Roberto Anesi, innamorato egli stesso di questa ricetta che considera di famiglia. Per la scelta del vino, bisogna sottolineare anche che l’aromaticità del piatto è mediamente percettibile come lo sono la persistenza gusto-olfattiva e la grassezza. «Il vino che andremo ad abbinare dovrà avere una decisa acidità magari rafforzata anche da un po’ di effervescenza e in qualche modo anche da una buona sapidità», prosegue Anesi, convinto come «con la casoeûla non sia necessario ricercare strutture troppo importanti».Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 01/2017. Per continuare a leggere acquista il numero nel nostro store (anche in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com. Buona lettura!