La partecipazione straniera cresce del +7%, nonostante le tensioni geopolitiche internazionali continuino. La visita dei commissari europei e i segnali di ottimismo anche da parte dei produttori. Novità, trend e criticità
Veronafiere conferma che i numeri della 57a edizione di Vinitaly, conclusa il 9 aprile nella città scaligera, sono allineati con quelli dello scorso anno: 97.000 presenze nei quattro giorni della manifestazione. In crescita la partecipazione di buyer stranieri, 33.000 in tutto. Uno su tre, quindi, proveniva dall’estero, da ben 130 nazioni, con un incremento del +7% rispetto al 2024. In particolare sono aumentati i professionisti dai primi tre mercati target per il vino italiano: Stati Uniti (+5%), Germania (+5%) e Regno Unito, che ha compiuto un balzo in avanti del +30%, mentre si è registra una flessione dalla Cina (-20%). In Europa, riscontri molto positivi anche da Francia (+30%), Belgio (+20%) e Olanda (+20%). Stabili gli arrivi da Canada e Brasile. Un risultato che acquista ancora più valore in un contesto reso complesso dall’aumento dei dazi dagli Usa e dalle tensioni geopolitiche.
La presenza istituzionale
Ma il settore del vino è sempre oggetto di particolare attenzione da parte della politica nazionale e internazionale. E questo lo si è visto nei giorni della fiera, con la presenza in massa di ministri e, quest’anno per la prima volta, di commissari europei. In rappresentanza del governo, oltre a ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida – che ha ribadito il suo impegno per la promozione dei nostri prodotti di qualità, come il vino, combattendo contro ogni possibile tendenza alla criminalizzazione – sono intervenuti Adolfo Urso (Imprese e made in Italy), Alessandro Giuli (Cultura), Luca Ciriani (Rapporti con il Parlamento), Andrea Abodi (Sport) e Carlo Nordio (Giustizia).
L’intervento dei commissari europei
In visita a Vinitaly anche il commissario europeo all’Agricoltura Christophe Hansen, che ha parlato delle nuove misure del Pacchetto Vino, presentato in Parlamento, che riguardano anche promozione ed etichettatura per un’informazione trasparente del consumatore. Mentre quello per la Salute Olivér Várhelyi ha ricordato il valore del vino come parte integrante della dieta mediterranea e ha ribadito che «il consumo di alcol, se si mantiene un equilibrio, non ostacola la longevità». Dichiarazioni importanti in questo contesto perché, al di là delle battaglie commerciali che imperversano nel mondo, si fa sentire a livello europeo anche un tema di attacco al vino e deriva proibizionistica da parte di alcuni Paesi.

Dazi e ottimismo
Il tema più dibattuto è stato quello dei dazi americani sul vino, che nei giorni della manifestazione erano appena stati annunciati al 20% (in seguito sospesi per 90 giorni e ridotti al 10%), e dei conseguenti rapporti con gli Stati Uniti, un mercato fondamentale che per noi vale 1,2 miliardi di euro. In un clima generale di forte preoccupazione, sono stati molti i richiami istituzionali alla calma per non abbandonarsi a un inutile allarmismo, ma costruire una strategia comune a livello europeo. E negli stand, tra i produttori, comunque l’atteggiamento riscontrato è stato molto più positivo e ottimista delle aspettative.
I trend emergenti
La fiera ha saputo anch’essa dimostrare il suo lato positivo e propositivo facendosi portavoce degli ultimi trend del settore con spazi e iniziative dedicate ai prodotti no e low alcol. La tendenza internazionale, cavalcata anche a Wine Paris e ProWein, da noi si configura ancora come una nicchia di mercato, ma cattura l’interesse di un numero crescente di consumatori, come crescente è il numero di imprese che li producono affidandosi a tecnologie che evolvono rapidamente. Per quanto riguarda i no alcol, dal punto di vista organolettico, c’è ancora da lavorare (ne abbiamo parlato anche qui e qui), mentre i low alcol stanno dando risultati interessanti. Come, per esempio, quelli degustati alla presentazione del progetto “Cannonau: il vino giovane” dell’Agenzia Sardegna Ricerche (a cui dedicheremo un approfondimento nei prossimi giorni), che ci ha permesso di scoprire le tante declinazioni di questo vino: spumante, rosato o rosso fresco a tenore alcolico ridotto (e adatto anche a un pubblico più giovane), rispetto a un immaginario che lo vede unicamente come rosso strutturato e importante.
Le novità nei padiglioni regionali
Tra i padiglioni regionali si è registrata tanta energia con molte novità. In quello dedicato all’Emilia Romagna lo chef tristellato Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena ha cucinato tutti i giorni in un suo spazio-ristorante molto ambito e sempre esaurito. La Calabria, sotto l’egida dello slogan “Dove tutto è cominciato”, ha organizzato numerosi incontri, conferenze e presentazioni interessanti. Ma anche territori blasonati, come Montalcino, hanno presentato le loro novità, portando avanti, da un lato, la valorizzazione del Rosso di Montalcino Doc e, dall’altro, presentando la carta geoviticola realizzata dal Consorzio del vino Brunello con la società leader nell’high-tech farming Copernico, in collaborazione con i Master of Wine Andrea Lonardi e Gabriele Gorelli.
Le solite criticità
Punto critico di ogni edizione, nonostante gli evidenti sforzi profusi dall’organizzazione nel corso degli anni, rimane quello della viabilità veronese nei giorni della manifestazione, soprattutto intorno al quartiere fieristico. Tra le iniziative già prospettate per l’anno prossimo, ci sarà l’inaugurazione di una linea tranviaria e il potenziamento dei mezzi pubblici e delle navette già esistenti. E le date di Vinitaly 2026 sono già state annunciate: appuntamento a Verona dal 12 al 15 aprile.