In Italia

In Italia

Vini di casa che passione!

19 Aprile 2010 Civiltà del bere
Ama i bianchi aromatici altoatesini e i grandi rossi di Toscana, sua terra d’origine - Attore poliedrico che spazia dal teatro alla televisione, ha affinato il gusto consultando attentamente le carte dei ristoranti nel dopo spettacolo - Coltiva anche qualche vizio come il rum col cioccolato amaro. «Finito lo spettacolo, a tarda sera, noi attori siamo sempre un po’ stanchi e spesso affamati; allora si corre a cenare dove capita, ma le cucine stanno magari chiudendo e anche in un buon locale si mangerà quel che si trova. Possiamo allora scegliere solo il vino, che diventa così il nostro unico desiderio, la nostra personale richiesta. E così poco a poco, cercando nelle carte dei vini, siamo quasi esperti ormai: conosciamo le case, le etichette, le annate, le uve. Questo è il vero motivo per il quale il vino buono si è fatto strada fra la gente di spettacolo». Questa illuminante confessione, sulla quale si dovrebbe riflettere, ci arriva come un piccolo cadeau, una chicca da Giorgio Panariello, volto noto di turno della nostra copertina. L’intervista parte insomma nel modo migliore, con la disponibilità al tema da parte del nostro ospite, attore ormai famosissimo, misurato eppur brillante, colto e faceto come ti attendi da un toscanaccio che viene dalla gavetta. Definire Giorgio un attore versatile, solo perché attraversa da anni sentieri diversi e non facili come il teatro, la televisione e il cinema, è come dimenticare il costante gradimento del pubblico, la sua alta riconoscibilità e che il suo percorso non è stato subito agevole e ha contribuito ad affinare le spinte personali verso l’esibizione e lo show. Agli inizi era un semplice imitatore ma già con il graffio della qualità: “ficcante” il suo ritratto di Renato Zero, riproposto in forma di travestimento-imitazione, un vero diluvio di applausi. Erano i primi anni ’80 in Versilia, dove Giorgio nasce artisticamente, anche se l’anagrafe indica Firenze (settembre 1960), e si muove con gruppi di attori un po’ “sgangherati”, come i Lambrettomani, i ragazzi della Lambretta, lo scooter allora in voga, con i quali arriva a Firenze e incontra Pieraccioni, Conti, Benigni, Ceccherini, Nuti e gli altri emergenti ed emersi, proponendo in teatro personaggini di sua invenzione che hanno presa sul pubblico; poi le Tv private fino alla Rai con Carlo Conti in Su le mani e Va ora in onda, nel 1996 e 1997. Arriva anche al cinema con Ti amo in tutte le lingue del mondo di Leonardo Pieraccioni e Sotto mentite spoglie di Vincenzo Salemme, fino al successo definitivo sul piccolo schermo con Torno sabato nel 2001, dove viene affiancato via via da Adriano Celentano, Vasco Rossi, Andrea Bocelli, Sofia Loren, Eros Ramazzotti, Gianni Morandi, Claudio Baglioni, Luciano Pavarotti e Raffaella Carrà. Tra i tanti premi riceve il Telegatto come “personaggio televisivo dell’anno” e alcuni Oscar della Tv. Ora Giorgio porta in scena a teatro lo spettacolo Ogni maledetta domenica, un collage di vecchi e nuovissimi personaggi che nasce in realtà alla radio prima di arrivare sul palcoscenico. - Sappiamo che hai scritto anche un libro. «Sì, due anni fa: Non ti lascerò mai solo, la storia di un uomo che riscopre i valori della vita grazie a un piccolo cane, suo amico. Spero un giorno di poterne fare un film». - E il vino? «Il vino arriva in casa mia in molti modi. Alcuni me lo regalano, come i Nomadi che mi mandano il loro Lambrusco, o come Al Bano che mi fa arrivare i suoi rossi Il Platone e Taras, molto buoni, da Cellino San Marco. Poi ho i consigli del mio collega Walter Santillo, attore fiorentino come me che è un esperto di vino, e anche i suggerimenti di Lorenzo Tersi, un uomo del vino che si occupa ogni giorno delle migliori etichette italiane. Poi vado in enoteca: a Roma da quella dei Fratelli Marchetti in via Flavia, dove cerco uno dei miei bianchi preferiti, il Gewürztraminer di San Michele Appiano. Ma nessuno mi regala mai il Cervaro della Sala, un bianco luminoso che è la mia passione e che cerco in continuazione ovunque mi trovi. Mi piacciono anche i rossi, eh! Ecco allora Il Bruciato della Tenuta Guado al Tasso di Antinori oppure il Primitivo di Manduria. L’altra sera in casa di amici stavano per usarlo in cucina: ho fatto appena in tempo a levarglielo dalle mani! In genere sono molto tradizionale, vado a bianco e rosso secondo le stagioni: d’inverno il rosso, con il pesce d’estate il bianco. A casa se mi preparo qualcosa, sono bravo con le paste e i primi, allora vado a rosso: sono stato molti anni a cucinarmi da solo, magari piatti inventati al momento, ma il vino era sempre una piccola realtà fissa e allora era rosso. Erano gli anni della fame; con Carlo Conti siccome si mangiava poco cercavamo di difenderci con un buon bicchiere di rosso». - Ora non dovresti avere più di questi problemi. «È vero, allora coltivo qualche piccolo vizietto: il rum con il cioccolato amaro. Anche se resto sempre il ragazzo toscano che ama il castagnaccio, i necci di farina di castagne, gli gnocchetti versiliesi che chiamiamo topetti, la pasta fatta in casa, le succose fiorentine. Al ristorante sono più esigente: a Viareggio mangio il pesce alla grande al Giordano Bruno, a Pietrasanta corro per la splendida carne al Baccatoio, a Forte dei Marmi al Cocoà, a Roma al Ditirambo di Campo de’ Fiori per i testaroli lunigiani al pesto e al Green T, accanto al Pantheon, per gustare il loro granchio allo zenzero, oppure al Convivio e al Comparone, che è però bistrattato dalle guide. Nella “mia” Prato vado sulle colline a Filettole alla Fontana e da Mario Logli, trattorie semplicemente fantastiche, oppure a Pistoia per i maccheroni spianati da Rafanelli, tutti posti in cui ci sono sempre delle buone bottiglie. Insomma devo dirti che sul vino oggi mi sento tranquillo, “protetto”. Ho i consigli giusti degli amici “giustissimi” e poi il mio palato dopo tante battaglie si è affinato, è divenuto esigente: una buona etichetta non mi mancherà mai. Ho imparato a leggere le cose che si scrivono sul vino, i libri, le pubblicazioni, anche straniere: insomma faccio tutto per benino! Ora voglio farti io una domanda: sai perché alcuni vini di qualità hanno nomi che finiscono in “aia”? Perché siccome non sono proprio a buon mercato, il nostro portafoglio dice ahi! Insomma aia!».

In Italia

Eclettica e identitaria, la Valpolicella (e non solo) secondo Zymé

All’Enoluogo, la casa di Civiltà del bere, l’illuminante incontro con Celestino Gaspari […]

Leggi tutto

Top Guide Vini 2025: l’unanimità solo sui classici e le altre peculiarità dei giudici

Quest’anno la vetta della nostra superclassifica, che somma i risultati delle maggiori […]

Leggi tutto

Il Cepparello di Isole e Olena e le sue nuove frontiere

Nove annate, dalla 2005 alla 2022, delineano il percorso che il rinomato […]

Leggi tutto

L’impegno della Sardegna per le sue vigne a piede franco

Un lavoro corale, promosso dall’agenzia Laore con la collaborazione dell’Università di Sassari, […]

Leggi tutto

Vini “sommersi”? Ma no: diversi

I prodotti che affinano sott’acqua sono sempre più di moda e originali. […]

Leggi tutto

Il Trebbiano d’Abruzzo sta voltando pagina

Questo contenuto è riservato agli abbonati digitali e Premium Abbonati ora! €20 […]

Leggi tutto

Vini di Montagna (10): la Val di Cembra – seconda puntata

Questo contenuto è riservato agli abbonati digitali e Premium Abbonati ora! €20 […]

Leggi tutto

L’Antica Bottega del Vino apre a Cortina in occasione dello Olimpiadi

Lo storico locale veronese, di proprietà di 10 Famiglie Storiche, sarà la […]

Leggi tutto

Tenuta San Guido e CNR: un accordo per la tutela del Viale dei Cipressi di Bolgheri

Un programma quinquennale monitorerà la salute degli alberi, reintegrando quelli compromessi con […]

Leggi tutto
X

Hai dimenticato la Password?

Registrati