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Per vendere vino online non basta la fede di Madama Butterfly

25 Maggio 2018 Luciano Ferraro
“Un bel dì, vedremo levarsi un fil di fumo dall’estremo confin del mare. E poi la nave appare Poi la nave bianca. Entra nel porto, romba il suo saluto. Vedi? È venuto”. Vendere vino online in Italia ricorda la Madama Butterfly di Giacomo Puccini in “Un bel dì vedremo”. In attesa su una collina “un po’ per celia, un po’ per non morire”. Ci sono bravissimi ragazzi che si dedicano all’e-commerce, mettono a punto software innovativi, studiano nuovi sistemi di vendita. Ma mancano i grandi investitori. Chiunque abbia provato ad andare oltre a un sito aziendale sa che servono robusti capitali per la sfida del digitale.

Cosa ci manca rispetto a Usa e Cina

I dati mostrano un dislivello notevole nella vendita di vino online tra l’Italia, gli Stati Uniti e la Cina. E non è una questione solo di vastità di mercato. Primo, perché grazie alle nuove norme presto nascerà un mercato europeo digitale unico. Si potrà fare shopping online senza restrizioni, evitando il geoblocking, ovvero il meccanismo che nel 63% dei siti vieta di acquistare beni e servizi da un Paese europeo che non sia quello della residenza. Secondo, si possono già ora stringere patti con siti extraeuropei per vendere vino italiano, come hanno fatto i giovani della toscana Vino75 con i cinesi di Alibaba.

Vendere vino online in Italia nel 2018

All’ultima edizione di Benvenuto Brunello, a Montalcino, il gap di investimento è emerso in modo spettacolare. Sul palco si discuteva del “Brunello nel mondo, dalle cantine al web” con Manfredi Minutelli, responsabile food & wine di Alibaba, Andrea Nardi Dei, fondatore di Vino75, e Marco Magnocavallo, amministratore delegato di Tannico. E mentre gli alfieri dell’ecommerce nostrano parlavano, si è accesa una luce sui telefoni: è arrivato un messaggio di Vivino che annunciava di aver raccolto 20 milioni di dollari per “continuare a sviluppare la tecnologia che rende possibile un’esperienza di commerce multi-canale”.

Vivino: dal database di etichette all'e-commerc

In totale Vivino, società fondata dal danese (danese!) Heini Zachariassen nel 2010, ha raccolto 55 milioni di dollari. Partita da un database che offre informazioni fotografando etichette, ora la società che fin dal nome si ispira all’Italia ha 29 milioni di utenti, vende e spedisce vino (in Italia sono già 12.500 le etichette disponibili) e punta a un incasso con l’ecommerce di 1 miliardo di dollari entro il 2020. «Siamo stati letteralmente braccati dagli investitori della Silicon Valley che credono nel nostro progetto, in un mercato del vino mondiale che vale 290 miliardi», ha raccontato Heini a Benvenuto Brunello edizione 2017.

Vin075: consigli su misura per ogni cliente

Quest’anno sono arrivate le cifre illustrate dagli italiani. Andrea Nardi Dei, figlio di un produttore di vino, ha raccontato di aver impiegato un anno, dall’avvio nel settembre 2014, per raccogliere il primo finanziamento, un contributo pubblico: ora il suo incasso è di 1,8 milioni di euro. Vino75 possiede la stessa tecnologia di Vivino, è in grado di suggerire vini su misura a ogni cliente, vende in Italia e in Cina (il primato in Lombardia e nella provincia di Guangdong). Una enoteca digitale innovativa che, a differenza di Vivino, non è presa d’assalto da chi vuole puntare sull’ecommerce del vino.

Tannico: un milione di bottiglie all'anno

Marco Magnocavallo di Tannico ha spiegato che la sua società è leader per il vino online in Italia e in alcuni Paesi stranieri. Eppure dal 2013 è stato investito su Tannico meno del 15% rispetto a Vivino: 8 milioni di euro, tra fondi d’investimento e advisor privati. Tannico ha venduto 1 milione di bottiglie nel 2017, un terzo del mercato italiano, ha incassato 11 milioni di euro, ed è presente in 21 Paesi, tra cui Francia, Spagna, Germania, Stati Uniti e Giappone.

L'esempio di Alibaba

In Cina, ha spiegato Minutelli, ogni giorno Alibaba spedisce 55 milioni di pacchi, 21 milioni di cinesi hanno acquistato vino online nel 2016. Un mercato enorme, in Europa, Stati Uniti e Cina. E intanto l’Italia che investe cosa fa? Sta sulla collina ad aspettare, come Madama Butterfly, che qualcun altro si occupi del suo destino.  
L’articolo è tratto da Civiltà del bere 2/2018. Per continuare a leggere acquista il numero sul nostro store (anche in digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com

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