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Travaglino: rievocazioni d’Alsazia e Borgogna

15 Novembre 2009 Roger Sesto
Fabrizio Marzi, direttore della Travaglino di Calvignano (Pavia), ha tre sfrenate passioni: il Riesling, il Pinot nero e i vini invecchiati. Gli chiediamo perché proprio il Pinot. La risposta è la seguente: «Ho sempre creduto in un Oltrepò diverso, che si raccontasse coi suoi vini. Sin da ragazzo viaggiavo in Borgogna, tornavo a Casteggio e vedevo un mare di vigne a Pinot nero, sfruttate male o destinate alle industrie spumantistiche piemontesi. Perché? Allora pensai io di progettare un Pinot nero comme il faut. La mia palestra furono le Cantine sociali Riunite di Stradella. Nel 1995 approdai a Travaglino e feci sul serio». E perché il Riesling? «L’attaccamento a questa varietà venne poco dopo. Anche qui, stessa logica: se in Alsazia e nella Valle del Reno i risultati erano favolosi, perché non sfruttare il terroir oltrepadano per ottenere un qualcosa di simile? Certo, là c’era il Renano, qui prettamente l’Italico, più difficile da valorizzare. Ma tant’è, anche in questo caso arrivando a Calvignano mi rimboccai le maniche». Gli facciamo notare come i suoi vini escano alla distanza. «Ho sempre avuto l’attitudine ad accantonare buoni quantitativi di ogni annata di vini che produco, parlo soprattutto del Pinot nero Poggio della Buttinera, del Riesling Campo della Fojada e del Classese Millesimato. Non (ancora) per un fatto commerciale: il mercato italiano non è maturo, ma tecnico; in questo modo capisco come evolvono i miei vini. Dal 1996 per il Poggio e dal 1998 per il Campo, mi sono costruito due corpose verticali, a disposizione anche di appassionati e operatori interessati a far questa esperienza. Il primo è un vino che matura anche vent’anni. Il secondo ottenuto dal 66% di Renano e dal 33% d’Italico, oggi inquadrato nel più ampio progetto interaziendale Valle del Riesling, grazie ai precursori di aromi tipici del vitigno esplode dopo 5-6 anni, coi sui riconoscibili sentori di idrocarburi». Chiediamo i millesimi più interessanti. «Le annate del Poggio che vanno dal 1997 al 2000 sono improntate a eleganza, freschezza, profumi; dal 2001 il vino cambia registro, si fa austero, spigoloso, ricco, più borgognone. Tra le prime, la 1997 e la 1999 sono le più longeve, fra le seconde, amo molto la 2004. Del Campo della Fojada mi piacciono soprattutto la 1998 e 1999, con i loro profumi classici di idrocarburi; 2001 e 2002 sono ancora giovani: frutta tropicale, salvia, limoncella; il surmaturo 2003 oggi è godibilissimo. Ancora neonati i 2004 e 2005».

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