Cambio al vertice della Guida dell'Espresso
Dopo i doverosi omaggi al trionfatore assoluto e prima di procedere al commento degli altri vini in graduatoria, è utile fare qualche considerazione sui giudici. Nel 2017, infatti, il panorama della critica ha visto un grande cambio al vertice, salutato da non poche polemiche. A inizio 2016 il direttore della Guida dell’Espresso Enzo Vizzari ha sostituito gli storici curatori Ernesto Gentili e Fabio Rizzari con Andrea Grignaffini e Antonio Paolini. Una delle ragioni sembra essere commerciale: negli ultimi anni la linea editoriale aveva privilegiato le piccole Cantine indipendenti, generando il malcontento dei grandi nomi che alla lunga avevano smesso di investire. La nuova impostazione abolisce i voti per dividere le referenze più significative in tre liste/categorie: i 100 vini da bere subito, i 100 da comprare per l’apprezzabile rapporto qualità/prezzo e i 100 da conservare. Oltre a questi elenchi, vengono recensite altre 1.200 etichette, per un totale di 1.500.Le diverse filosofie degli otto giudici
Il notevole restringimento della Guida dell’Espresso (fino al 2016 1.500 era il numero delle aziende presentate, non dei vini) ci porta a una riflessione più generale. Si fa sempre più evidente la dicotomia tra le cosiddette Guide enciclopediche, che cercano di dar conto di tutta la produzione italiana; e quelle più snelle, quasi tascabili, frutto di una mirata selezione. Al primo gruppo appartengono Ais Vitae, Bibenda e l’Annuario di Luca Maroni. Sul versante opposto, oltre al nuovo format dell’Espresso, spicca invece la Guida Essenziale di Daniele Cernilli, sintetica per definizione. Nel mezzo campeggiano Gambero Rosso, Veronelli e Slow Wine.Veronelli sempre più "rossista", Slow wine per le realtà medio-piccole
Negli ultimi anni Veronelli sembra aver rinforzato l’impostazione rossista: scorrendo l’elenco dei 346 vini super tre stelle s’incontrano solo 26 bianchi e addirittura in regioni come le Marche o la Sicilia non ve n’è traccia. Continuando nel solco delle “radicalizzazioni”, Slow Wine accentua la filosofia del “bello buono e giusto”. Dall’edizione 2017, infatti, soltanto le aziende che non utilizzano diserbanti possono ambire al simbolo della chiocciola e alla qualifica di Vino Slow. Nella lista delle 426 etichette più titolate (Vini Slow e Grandi Vini), abbiamo notato come venga dato un discreto spazio ai Chianti Classico, e in particolare alle Riserve, ma sia del tutto assente la Gran Selezione, nuovo fiore all’occhiello della produzione chiantigiana. Ecco un’ulteriore prova della preferenza verso realtà medio-piccole, spesso outsider o comunque slegate dai gruppi consortili.Toscana, Trentino e Puglia sul podio
Chiuso il capitolo Guide, possiamo dedicarci all’osservazione della superclassifica. A incalzare il Sassicaia 2013 ci sono due rossi abituati al vertice: il taglio bordolese trentino San Leonardo 2011 e il Primitivo di Manduria Es 2014 di Gianfranco Fino. Decisamente più affollato il terzo gradino del podio con ben 13 vini da 6 eccellenze, di cui cinque toscani e due piemontesi. A vincere la maglia della miglior bollicina è il Giulio Ferrari Riserva del Fondatore 2005, mentre il Ben Ryé 2014 Donnafugata è il vino dolce più amato.Tra i migliori bianchi il primo vino biodinamico
I best in class per la categoria bianchi sono il Gewürztraminer Nussbaumer 2014 Tramin, il Cervaro della Sala 2014 Antinori, la Ribolla 2008 Josko Gravner e la Riserva di Verdicchio Classico di Jesi San Paolo 2013 di Pievalta, che apre la strada ai vini top biodinamici (va detto che anche la Cantina madre Barone Pizzini è in pole position in Lombardia insieme a Il Mosnel, sul fronte dei Franciacorta).Acquista il Top delle guide vini 2017 nel nostro store (in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com. Buona lettura!