Degustazioni

Terraforte: il ristorante tra le vigne che vale la deviazione

26 Aprile 2022 Alessandro Torcoli
Terraforte: il ristorante tra le vigne che vale la deviazione

Siamo stati invitati a provare il nuovo ristorante interno al Castello del Terriccio, una delle più belle tenute agri-faunistiche italiane, celebre per il suo Lupicaia. Si chiama Terraforte e il giudizio finale è molto lusinghiero.

Sulla strada da Pisa a Bolgheri, più verso Bolgheri, a Castellina Marittima precisamente, trovate il Castello del Terriccio, una delle più affascinanti tenute agricole italiane. Varcato il portale d’accesso procederete per pochi chilometri di sterrato e quando penserete di esservi persi, sarete arrivati. Ma è meraviglioso perdersi qui. È uno di quei luoghi che ti portano del passato medievale, un borgo circondando da immense terre appartenuto a una sola famiglia, un feudo. Dal Duecento in avanti si sono succedute diverse proprietà, compreso un principe polacco, ma ora la tenuta è nelle mani di Vittorio Piozzo di Rosignano Rossi di Medelana, nipote del cavalier Gian Annibale Rossi di Medelana, detto Pucci, scomparso nel 2019. Anche Vittorio discende da nobili famiglie con ampi possedimenti che risalgono ai secoli passati. Ha lasciato alle spalle la finanza per dedicarsi alle attività agricole di famiglia e ora alla conduzione del Terriccio.

Terraforte Castello del Terriccio
Da sinistra il direttore di Civiltà del bere Alessandro Torcoli, Vittorio Piozzo di Rosignano Rossi di Medelana, l’enologo Valerio Corsini e l’agronomo Emanuele Vergari

A pranzo con il padrone di casa

È con Vittorio che in una fresca mattina di aprile scopriamo una delle ultime attività del Castello: il ristorante Terraforte, ricavato nei locali dell’antica falegnameria, con una grande terrazza la cui vista spazia fino al mare. Terraforte prende il nome dai caratteri del suolo, argillo-ferroso. Luogo incantevole, ristrutturato con sensibilità mantenendo i dettagli del passato. Il Terriccio era già una bella meta da visitare, per gli appassionati di vino, ma ora il nuovo ristorante, attiguo alla rivendita aziendale e dotato di una moderna sala da degustazione, rende la tappa ancor più appetibile.

La mano di Cristiano Tomei

Infatti, non stiamo parlando di una tavola come altre, ma di una delle offerte gastronomiche più interessanti della zona, grazie alla collaborazione con Cristiano Tomei, titolare dell’Imbuto di Lucca, cuoco molto stimato capace di unire – e confermiamo a “ragion mangiata” – sapori locali e creatività mai fine a se stessa.

Proviamo diversi piatti, abbinati ai vini del Terriccio naturalmente, nelle ultime annate e non solo. Con Vento Igt Toscana 2021 (Sauvignon e Viognier) è abbinato alle entrée, quindi Castello del Terriccio Igt Toscana (Syrah, Petit Verdot e Cabernet Sauvignon) 2016 e 2017; Lupicaia Igt Toscana (Cabernet Sauvignon e Petit Verdot) 2016 e 2017, tutti vini supervisionati dal pluridecorato enologo Carlo Ferrini, da 30 anni è consulente famiglia. Di seguito il resoconto, con l’abbinamento consigliato.

Il menu e gli accostamenti

Cominciamo con la Zuppa di mare Terraforte, canocchia, triglia e mazzancolla di Viareggio, delicatamente marinate, irrorate da fumetto di pesce con crostini in essenza di cavolo nero. Un topping di bottarga di Orbetello completa l’opera dal sapore intenso che detta il tono del pasto. Non resistiamo al puccio con due pani. Quello bianco da farine Senatore Cappelli e quello con farina di corteccia pino marittimo (una delle cifre di Tomei, l’utilizzo di erbe, essenze, sapori indigeni). Con questa sinfonia di sapore e decisione di gusto scegliamo quindi di lasciarci abbracciare dalla morbidezza del Castello del Terriccio 2017. Al naso è floreale, con note di mora, composta di fragole, spezie e tabacco. In bocca molto caldo e voluminoso, con tannino diffuso e secco, che si concentra nel palato battagliando gioiosamente con l’intensità gustativa del piatto.

Si prosegue con la Triglia Terraforte in pastella di Parmigiano 60 mesi, carpaccio di triglia e ripieno di cicoria, tutto adagiato su ristretto del medesimo gustoso pesce del Tirreno. Optiamo sempre per il Castello del Terriccio, questa volta nell’annata 2016. Profumo fresco di frutti rossi maturi che si intreccia a note di tabacco, spezie e cuoio dall’animo molto toscano. Al palato il tannino è largo, diffuso, seppur ben presente, il vino caldo con finale di liquirizia.

Il Tortellino di parmigiano con erbe selvatiche, con spolverata di pigna di cipresso di rara delicatezza gustativa così come la Pappardella al cinghiale cotto nel burro si sono sposate bene, invece, col grand vin di casa. Parliamo Lupicaia, nella versione 2017 dal profumo di mora, cioccolato, prugna, con tocco fresco di eucalipto. Al palato è pieno, caldo, con retrogusto di cioccolato e finale fresco di liquirizia. Il vino con rinfrescante potenza ha dialogato davvero bene con le pietanze.

È bastato tornare indietro di un anno, alla benedetta vendemmia 2016, sempre con Lupicaia in stato di grazia, per trovare il compagno ideale del Cinghiale cotto a bassa temperatura affumicato al legno d’ulivo (ennesima citazione autoctona) e salsa cachi. Il vino sprigiona potenti ricordi di mora, mirtilli, con tocco floreale, tabacco e macchia mediterranea; un’eccellente struttura, corpulenta ma dal tannino levigato e ben centrato, con ottima freschezza e persistenza, note di liquirizia e tocco d’inchiostro al retrogusto. Un ammaraggio perfetto per questa preparazione decisa e delicata al tempo stesso.

Finale, senza vino: Tarte tatin con gelato alla cannella ed essenza ginepro.

In sintesi, una cucina coraggiosa, di carattere, molto gustosa con un buon ancoraggio al territorio, non nella ripetizione dei cliché, ma nell’evocazione dei sapori e, soprattutto, dei profumi.

Nota a margine

Vittorio Piozzo di Rosignano sta per presentare, ma ancora non abbiamo potuto assaggiarlo per imposizione dell’enologo, un vino speciale dedicato allo zio, che a lui sarà intitolato; Gian Annibale, un taglio a prevalenza Petit Verdot (60%) e 40% Cabernet Sauvignon. Sono solo 3 mila bottiglie, da una vigna speciale con una vena argillo-calcarea. Sarà un omaggio a un pioniere della viticoltura toscana che aveva presentito le potenzialità di questa varietà minore del Bordolese che necessita di condizioni particolari per dare il meglio di sé (tra cui, lunghi autunni soleggiati, perché la sua maturazione è molto tardiva). Forse riusciremo ad assaggiarlo in anteprima a VinoVip Cortina 2022, altrimenti se ne riparlerà in autunno…

Foto di apertura: un particolare del locale dell’ex-falegnameria dove sono stati creati il ristorante, la rivendita e la sala di degustazione aperta ai visitatori

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