Domenica 24 e lunedì 25, gli italiani andranno alle urne per rinnovare il Parlamento e alcune giunte regionali. Abbiamo chiesto a influenti personalità che ricoprono ruoli importanti in ambito vitivinicolo di approfittare dell’occasione per dirci quale, a parer loro, dovrebbe essere il primo provvedimento da segnare nell’agenda del futuro ministro delle Politiche agricole. In buona sostanza, se fossero proprio loro i prossimi responsabili del dicastero su quali questioni accenderebbero i riflettori? Abbiamo intervistato in merito Piero Antinori, presidente dell’Istituto Grandi Marchi, Ettore Nicoletto, presidente del Consorzio Italia del Vino, e Mario Guidi presidente di Confagricoltura; ora è la volta di Maurizio Gardini, presidente di Fedagri Confcooperative, e Lamberto Vallarino Gancia, presidente di Federvini.
GARDINI: CONCENTRARE L'OFFERTA - Mettere l'agricoltura al centro non basta. Perché questo comparto pesi davvero nella nostra economia è necessario fare sistema. Serve essere uniti per ridare linfa ai nostri consumi interni e per sapersi proporre in maniera compatta all’estero, come ha sottolineato Maurizio Gardini (Fedagri Confcooperative). «Uno dei primi elementi di sfida sarà costituire modelli aggregativi in grado di poter realmente presidiare i mercati internazionali. Da ministro, pertanto, proporrei e avvallerei ogni misura volta a favorire e incrementare la concentrazione dell’offerta. Ma per fare questo occorre organizzarsi e strutturarsi. Il tessuto imprenditoriale del nostro comparto, pur capace di produrre qualità eccellente riconosciuta e apprezzata in ogni parte del mondo, è ancora troppo fragile e frammentato». Il presidente ha le idee chiare: «Le nostre aziende hanno una sola strada davanti: puntare sui mercati che crescono; esportare diventerà sempre di più una necessità».
VALLARINO GANCIA: SAPER COMUNICARE LA NOSTRA ARTICOLAZIONE TERRITORIALE - Più coesione, iniziative collettive e immagine unitaria sono ciò che anche Lamberto Vallarino Gancia (Federvini) ritiene fondamentale per il settore all’estero. Le sue osservazioni partono però da un problema interno e cioè la frammentazione. «Le nostre tantissime indicazioni geografiche e le denominazioni di origine, oltre che una non sempre coerente scala di valori tra le due, meritano una riflessione importante. Servono strumenti normativi che agevolino la composizione o l’aggregazione della produzione e introducano delle semplificazioni in sede di presentazione», ha detto. Veniamo ora alle ripercussioni sull’estero: «La grandissima varietà che ci rende più flessibili nell’intercettare le tante sfumature di gusto dei consumatori dei mercati di tutto il mondo, non ci rende altrettanto competitivi. Non è semplice spiegare la nostra così frastagliata articolazione territoriale».