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Sempre più over 65 e femminile, la rivoluzione dell’aperitivo

21 Agosto 2024 Matteo Forlì
Sempre più over 65 e femminile, la rivoluzione dell’aperitivo

Secondo recenti dati dell’Osservatorio Uiv – Unione italiana vini, i baby boomers che non rinunciano al rito pre-pasto sono cresciuti nel 112% negli ultimi 15 anni, con un trend cinque volte maggiore rispetto agli under 24. Le donne sono passate da 5 a 9,2 milioni.

Non è un brindisi per giovani. O per lo meno sta diventando sempre più un’abitudine degli Over 65. L’aperitivo, sacrale momento di consumo pre pasto, sta vivendo una rivoluzione demografica. Almeno secondo le rilevazioni di Istat e Uiv, Unione Italiana Vini.
L’ultimo ‘censimento’ Istat sui consumi di alcolici degli italiani nel 2023, svela l’inatteso fenomeno e certifica come questa occasione di consumo sia sempre più popolare tra le fasce più anziane della popolazione italiana. I baby boomers (nati tra il secondo dopoguerra e gli anni ’60) che non rinunciano al rito conviviale pre-pasto sono aumentati infatti del 112% negli ultimi 15 anni, con una tendenza di crescita 5 volte maggiore rispetto agli under 24 e 3 volte maggiore rispetto alla media.

Boom al femminile

Segmentando le rilevazioni per fasce d’età e analizzando i dati nel tempo, il trend di consumo di un “aperitivo agé”, appare lampante. Negli ultimi tre lustri gli appassionati del drink pre-pasto d’età compresa tra i 18 e i 34 anni sono crollati dal 38% al 30% del totale. La fascia di età dai 35 e i 54 ha mantenuto le sue abitudini (passando dal 42% al 41%) mentre gli over 55 anni hanno fatto un balzo passando dal 20% al 29%. L’appuntamento non diventa solo più “fané” ma anche più “rosa”: le donne che si concedono un calice di vino, cocktail e stuzzicherie prima di un pasto sono infatti passate da 5 a 9,2 milioni, registrando un exploit addirittura del +165% tra le over 65.

Un rito dalle radici antiche

Del resto, che l’aperitivo abbia fatto furore negli anni Ottanta, arruolando schiere di affezionati oggi in età da pensione, è un dato di fatto. Ma il rito ha origini assai più antiche e consolidate. Perfino gli antichi romani si dedicavano all’aperitivus – in latino “che apre” – con libagioni per stimolare l’appetito e “aprire”, appunto, lo stomaco ai banchetti serali. Nel IV secolo a.C. il medico greco Ippocrate alleviava i disturbi di inappetenza dei suoi pazienti con una bevanda amara a base di vino bianco, fiori di dittamo, assenzio e ruta. Una sorta di Vermouth ante-litteram. Non a caso il gusto per le bevande amare ha segnato la storia dell’aperitivo, dal vino aromatizzato con china inventato da Antonio Benedetto Carpano nel 1786, ai bitter, gli amari fino ai cocktail come il Negroni, e naturalmente i vini stessi.

Tendenza multigenerazionale

«La tendenza multigenerazionale del fare l’aperitivo è un tratto distintivo al quale guardiamo con grande interesse, anche perché è legata a doppio filo con la cultura di un consumo di vino che abbraccia tutte le fasce di età e che ha visto allargarsi ulteriormente la platea a fronte di una maggior moderazione nei consumi», commenta Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione italiana vini. «Una prova di maturità degli italiani che si associa a un prodotto per sua natura simbolo della condivisione e del bere responsabile».

Foto di apertura: © Jana -Pixabay

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