Degustazioni

Sanbarnaba: Ricasoli battezza il suo Trebbiano in anfora

2 Aprile 2023 Matteo Forlì
Sanbarnaba: Ricasoli battezza il suo Trebbiano in anfora

Presentato a Firenze, questo “vin bianco” Toscana Igt del Castello di Brolio debutta con l’annata 2020. Vinificato in recipienti di cocciopesto, è pensato per le lunghe evoluzioni. Parente della tradizione ma figlio della modernità con uno stile anticonvenzionale.

Un Trebbiano capace di affiancare il grand vin dell’azienda e che al contempo rappresenti il contraltare autoctono del Torricella, nato Chardonnay e pensato per farsi amico il tempo. Sanbarnaba è l’ennesima sfida di Francesco Ricasoli, da 30 anni alle redini della storica Cantina chiantigiana Ricasoli. Un “vin bianco” col Castello di Brolio nel sangue e sull’etichetta, avvolto in elegante bordolese fumé, parente della tradizione ma figlio della modernità. Grazie anche al suo stile poco convenzionale.
L’annata di debutto assoluto, una 2020 che sarà in commercio tra una manciata di giorni, è stata svelata tra le atmosfere rinascimentali del ristorante fiorentino Chic Nonna di Vito Mollica a Palazzo Portinari Salviati, ex residenza della musa ispiratrice di Dante, Beatrice Portinari. E come il vino anche il menù, con un occhio alle antiche ricette toscane, reinterpretate da una mano d’eccellenza.

Dna brogliesco

Tra i pionieri della zonazione nel Chianti Classico, Francesco Ricasoli ha scovato, mostrato e imbottigliato Sangiovese da singoli appezzamenti con suoli diversi fra loro, esaltandone l’intima espressività. E da un paio di lustri ha intrapreso la stessa ricerca di qualità sui vitigni a bacca bianca.
«Dieci anni fa abbiamo iniziato a provare vinificazioni estreme, classiche, provocatorie di Riesling, Chardonnay, Sauvignon, Malvasia e Roussane. Ma ci siamo resi conto che l’obiettivo era anche ritrovare le origini del Chiantigiano e di Brolio in particolare. Ripercorrere sentieri già solcati dai miei antenati con dei vitigni autoctoni. Non è un caso che negli anni ’90 in un vigneto storico chiamato “I Cipressi” abbiamo individuato particolari biotipi di Sangiovese ma anche di Trebbiano, che successivamente abbiamo selezionato e più tardi sovrainnestato. Il nuovo vino ha Dna brogliesco e nasce dalla voglia di dimostrare che qui sappiamo fare grandi vini bianchi autoctoni, con spiccata e personalità e con un taglio contemporaneo».

Recupero del cocciopesto

Per il Sanbarnaba si è scelta una particolare vinificazione in anfore di cocciopesto, materiale antico usato fin dall’impero romano che favorisce lo scambio di ossigeno con la massa del vino. Le uve di Trebbiano provengono da una piccola particella di poco più di un ettaro nel podere di Tarci su un’altitudine compresa tra i 470 e i 480 metri. Una vigna piantata nel 2003 e sovrainnestata coi biotipi proprietari. I terreni hanno una netta prevalenza di arenaria, ricca di sabbia e pietre quanto povera di sostanze organiche. Dopo 3 mesi di macerazione sulle bucce il vino è rimasto in affinamento per un anno in anfora per il 40%, acciaio per il 30%, tonneaux di secondo e terzo passaggio per il 30%. E infine ha riposato 18 mesi in bottiglia.
Anche nell’appellativo riecheggiano tempi lontani, con quel riferimento a San Barnaba protettore delle coltivazioni e in particolare dalla grandine, e al quale fu dedicato proprio sulla collina di Tarci un piccolo tabernacolo. «Un nome al quale ho voluto affiancare la dicitura “vin bianco”, che trovo molto poetica».

Vino antico e moderno

Riservato e raffinato, il Sanbarnaba si svela a poco a poco. Spiazza con un giallo vibrante chi si aspetta le nuance più classiche che vestono un vino d’anfora. Il naso sottile ha ricordi gessosi e dopo qualche minuto nel bicchiere accorda note di miele d’acacia. Un accenno di tannino, freschezza e sapidità e un crescendo rossiniano: si schiude prepotente nella seconda parte della bocca e finisce in progresso. È stato imbottigliato in 5.600 bordolesi e 50 magnum.
«Il Trebbiano è un vitigno difficile da lavorare e spesso anche da apprezzare», conclude Ricasoli. «La straordinarietà di questa versione sta nella sua capacità di evolvere e progredire nel tempo. Una caratteristica che abbiamo appurato assaggiandolo lungo tutto il suo percorso di affinamento. È un vino antico interpretato in maniera moderna e segue quella cultura della sperimentazione che fa parte della storia di Ricasoli».

Foto di apertura: veduta aerea del Castello di Brolio

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