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Proteine contro la peronospora: la scoperta di Università di Milano e Fondazione Mach

21 Novembre 2020 Monica Sommacampagna
Proteine contro la peronospora: la scoperta di Università di Milano e Fondazione Mach

Una ricerca congiunta di Università di Milano e Fondazione Edmund Mach ha individuato proteine capaci di inibire lo sviluppo della Plasmopara viticola, il microrganismo responsabile della peronospora. In prospettiva potrebbe rimpiazzare i pesticidi tradizionali. Ma per lo sviluppo occorrono partner industriali e investimenti.

Quali armi a basso impatto ambientale possono rappresentare un’alternativa ai fungicidi per combattere la peronospora della vite, malattia che in determinate condizioni climatiche in una sola stagione può attaccare fino al 75% delle colture? Nuove prospettive emergono dal progetto GrAptaResistance, attivato cinque anni fa dai gruppi di ricerca di Paolo Pesaresi, del Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano e di Silvia Vezzulli, della Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento), finanziato dalla Fondazione Cariplo, i cui risultati preliminari sono stati pubblicati di recente su “Scientific Reports”, pubblicazione scientifica del gruppo editoriale Nature Research che pubblica anche “Nature” (qui il link all’articolo).

Un approccio che si ispira alla natura

Al centro dell’innovazione una strategia impiegata in ambito biomedico e pionieristica a livello mondiale per il settore agrofarmaci, che consente di isolare proteine, denominate NoPv1, costituite da 8 aminoacidi naturali, in grado di inibire enzimi chiave dei patogeni e, quindi, di impedire le possibili infezioni provocate dall’oomicete Plasmopara viticola, l’organismo simile a un fungo responsabile della peronospora. Comportamenti efficaci sperimentati ex-vivo (su dischi di foglie) e in vivo (su piante in vaso) che prendono spunto da una delle prime difese del ‘sistema immunitario’ delle piante.

Proteine benefiche

«Nel nostro studio la proteina NoPv1 (No Plasmopara viticola 1) blocca sul nascere l’infezione di foglie di vite da parte del patogeno», spiega Paolo Pesaresi. «NoPv1, inoltre, non danneggia in alcun modo la crescita di altri microorganismi presenti nel suolo e benefici per la vite, oltre a non essere nociva nei confronti di cellule umane. Essendo costituita da aminoacidi naturali, se dispersa o ingerita sarà degradata in altri aminoacidi naturali del tutto innocui».

I prossimi passi, dalla serra al campo

«La tecnica che abbiamo adottato», aggiunge Silvia Vezzulli, «potrà essere utilizzata per identificare proteine naturali in grado di contrastare le infezioni causate da diversi patogeni vegetali». La strategia a oggi è stata applicata fino alle piante cresciute in serra. «Il peptide è stato brevettato, ma il trasferimento della tecnologia alla produzione necessita di partner industriali e di importanti investimenti, sia per le prove in campo sia per i numerosi test necessari per ottenere le autorizzazioni necessarie a commercializzare il prodotto», spiega ancora Pesaresi.



Dischetti di foglie di Pinot nero inoculate con sporangi di Plasmopara viticola durante la ricerca condotta da Università di Milano e Fondazione Edmund Mach. Il dischetto al centro in basso mostra l’azione positiva della proteina NoPv1 nell’impedire lo sviluppo della peronospora.

Quale futuro in vigna?

Proiettandoci nel futuro, il viticoltore come potrebbe utilizzare questo approccio in vigna? Limitando i pesticidi o eliminandoli del tutto? «Inizialmente NoPv1 potrebbe essere alternato ai pesticidi convenzionali, riducendo quindi la quantità di quelli riversati nell’ambiente», risponde Pesaresi. «In futuro il nostro principio attivo o altri simili potrebbero sostituire del tutto i pesticidi convenzionali, soprattutto se questi ultimi saranno messi al bando dalla Commissione Europea».

Il FEM contro la peronospora

L’innovazione si aggiunge alle altre azioni di ricerca di FEM finalizzate alla lotta sostenibile alla peronospora: dall’uso di microrganismi attivi nel contrasto ai patogeni all’attività di miglioramento varietale, sia attraverso le tecniche di breeding tradizionale che hanno portato, ad esempio, alla creazione di quattro vitigni tolleranti alla peronospora recentemente iscritti nel Registro nazionale delle varietà di vite, sia esplorando e studiando le nuove tecnologie di miglioramento genetico (new breeding technologies), le cosiddette “forbici molecolari”.

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