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Proposte di lettura: Il pollo di Newton

5 Aprile 2013 Elena Erlicher
Perché la scienza a un certo punto della storia è entrata in cucina? Quale filo lega esperimenti e ricette della tradizione? Massimiano Bucchi, professore di Scienza, tenologia e società all'Università di Trento, prova a rispondere a questi interrogativi nel suo libro Il pollo di Newton. La sienza in cucina, edito da Guanda (186 pagine, 16,50 euro). Secondo Bucchi, si tratta di escamotage che permettono alla scienza di ampliare il proprio ruolo e diventare anche fonte di arricchimento culturale, di piacere estetico e perfino di intrattenimento. Dopo tutto anche "i cuochi sono, a modo loro, inventori di reazioni chimiche". LO SCIENZIATO "DISTRATTO" - Il testo riporta molti e curiosi aneddoti, tra i quali quello che dà origine al titolo, che narra un'episodio della cena tra Isaac Newton e William Stukeley: "La cena era in tavola da tempo, ormai, ma Isaac Newton, immerso nei suoi studi, non si era ancora mostrato in sala da pranzo. L’amico William Stukeley era sempre più impaziente e affamato. Alla fine sollevò il coperchio dal piatto scoprendo un pollo. Se lo mangiò tutto, poi furtivamente rimise a posto il coperchio. Alla fine Newton arrivò, salutò l’amico e si mise a tavola. Sollevò il coperchio, e vide che sul piatto erano rimaste soio le ossa. Serafico, commentò: «Come siamo distratti, noi filosofi. Ero proprio convinto di non aver ancora mangiato»". IL LIEVITO LIEBIG - Sono anche raccontate le vicende del chimico Justus von Liebig che, fattosi imprenditore, decise di lanciare sul mercato gli estratti di carne, all’inizio indirizzati a ospedali e farmacie. Fu un fiasco totale. Fisiologi e terapisti stroncarono il prodotto, ma Liebig non si perse d’animo e virò sul pubblico delle massaie, puntando tutto su praticità ed economicità dei prodotti. Ed ebbe un successo mondiale.

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