Dopo aver istruito alla degustazione decine di migliaia di dilettanti e averli nominati sommelier verificandone la preparazione mediante un esame non troppo difficile, i sommelier veri, quelli che la sommellerie la praticano per lavoro, devono essere stati assaliti da un’acutissima crisi d’identità. Solo così si può spiegare l’ossessione di professionismo che li ha improvvisamente colti. “Formare professionisti”, sostiene su DeVinis Terenzio Medri, presidente dell’Associazione italiana sommeliers, “è la prima delle nostre linee di pensiero”. Ma un illustre transfuga dell’Ais, Giuseppe Vaccarini, Miglior sommelier del mondo nel 1978, ha creato un nuovo sodalizio, l’Aspi, nel quale soltanto i professionisti hanno diritto al voto e alle cari-
che associative. L’Aspi ha quindi rinunciato alla redditizia partecipazione degli amatori? Non proprio: non li fa votare e li chiama “maestri coppieri” anziché sommelier, ma si guarda bene dal rifiutare il loro contributo: tutte le associazioni di categoria si finanziano con i corsi di formazione che essi frequentano.