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Prima dell’esame MW

8 Giugno 2015 Alessandro Torcoli
Ci siamo. Domani affronterò il mostro, questo leggendario esame MW, quattro giorni di degustazioni alla cieca e di domande teoriche su viticoltura, enologia, controllo qualità, business e attualità. Credo di essere il primo italiano a cimentarsi in questa sfida, e di questo sono già orgoglioso, comunque vada. Le percentuali di successo, per entrambe le prove (degustazioni e teoria), sono ridicole: circa il 5-7% riesce nell'impresa. Più probabile, se si è raggiunto un certo livello di comprensione delle logiche MW, riuscire nell'una o nell'altra, per poi ritentare l'anno successivo l'impresa di completare l'esame e dirigersi verso il research paper (la ricerca che prende almeno 6 mesi ed è il vero ultimo scoglio). Agli amici che mi stanno seguendo in questa (folle) avventura e che calorosamente tifano per me, dico che punto più sulla pratica (degustazioni) che sulla teoria... che è tutto dire, in quanto le percentuali di successo sono maggiori nell'esame di teoria. Nei tastings, con una buona gestione del tempo, sangue freddo, un po' di fortuna e un guizzo di intuito nella mattina giusta, potrei raggiungere il fatidico 65% "pass rate". Per la teoria, si accettano miracoli: oltre alla vastità della materia, devo fare i conti con uno stile che non è affatto quello "latino". La struttura degli essays dev'essere di stampo squisitamente anglosassone, con molti esempi dall'enologia internazionale. Ci vorrebbe più tempo per praticare e per visitare un paio di Paesi che finora ho studiato solamente in teoria o assaggiandone i vini. Ma, come scriveva il mio caro Mario Soldati, parafrasando Eraclito, nelle sue strepitose cronache del Mundial 82: "Chi non si aspetta l'inaspettabile, non lo raggiungerà mai".

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