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Pollo alla Marengo complesso ma imperiale

23 Febbraio 2019 Marianna Corte
Pollo alla Marengo complesso ma imperiale
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Ricetta composita e amata da Napoleone, è stata rivisitata negli anni Settanta. Gli ingredienti richiesti, oltre alla carne, sono gamberi, uova e funghi. Al calice sposa l’intensità di un bianco siciliano vinificato in anfora

La sfida dell’abbinamento al calice è un esercizio di stile che diventa ancor più intrigante quando si vanno a ripescare dalla memoria ricette del passato. Non sono però tutti i piatti della tradizione che rendono il matrimonio con il bicchiere complicato; piuttosto sono le ricette che, seppur tradizionali, sono mutate per adattarsi ai tempi e quindi ai gusti della contemporaneità. Come dire che non è di per sé complicato l’abbinamento a un piatto di pasta e fagioli. Diventa più ostico scegliere l’etichetta per la compressione di pasta e fagioli firmata da un grande chef, perché è in quella rivisitazione che si inseriscono variabili impreviste (una su tutte, in questo caso, il Sauternes aggiunto per il brodo di cappone). Ricette contemporanee per mettere alla prova il sommelier; oppure ricette ormai tradizionali anche se, libri alla mano o semplice buon senso, difficilmente nascono e si compongono così come sono state tramandate.

Un piatto rivoluzionario

Tra i tanti piatti italiani d’antan, diventati un must, una su tutte può essere considerata una ricetta principe, o meglio sarebbe dire imperiale: il pollo alla Marengo, sintesi perfetta di storia, leggenda, confusione di sapori, complicanza di preparazione e ricchezza calorica. Un testimone di come gli anni Settanta del secolo scorso siano davvero stati uno spartiacque imprescindibile per la grande cucina. Sono stati questi infatti gli anni in cui si è iniziato a sperimentare, partendo dalla nouvelle cuisine francese che in Italia ha avuto in Gualtiero Marchesi il più alto e insuperato esponente. Anni rivoluzionari anche in pentola, quando da una parte c’erano gli chef che teorizzavano e praticavano leggerezza ed estetica in tavola e dall’altra vi erano i cuochi comuni anch’essi pronti alla sperimentazione, ma non in nome della leggerezza. Il pollo alla Marengo si inerisce proprio qui, in questo contesto rivoluzionario.

Nato per caso, amato da Napoleone

Si legge sull’Artusi: “La sera della battaglia di Marengo, nel sottosopra di quella giornata, non trovandosi i carri della cucina, il cuoco, al primo Console e ai Generali, improvvisò con galline rubate un piatto che, manipolato all’incirca come quello che qui vi descrivo, fu chiamato Pollo alla Marengo: e si dice che esso fu poi sempre nelle grazie di Napoleone, se non pel merito suo, perché gli rammentava quella gloriosa vittoria”.
Questa dunque la storia del pollo alla Marengo, così come ci viene tramandata non solo dall’Artusi. Una ricetta che però, ne La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, segue una preparazione semplice e coerente con il territorio di appartenenza. Burro, olio, vino bianco, farina, prezzemolo e limone. Sarebbero questi gli ingredienti della versione artusiana. Pomodoro, pane, gamberi, Madeira, concentrato di pomodoro, olio, profumi mediterranei, uovo e funghi, invece, sono gli ingredienti della versione riscoperta negli anni Settanta. Una preparazione che assomiglia in tutto e per tutto a quella della quale parla Auguste Escoffier nella sua Guide Culinaire, che in più prevede il tartufo bianco (oggi invece assente).

Da provare con un “rosso mascherato”

In ogni caso, che si parli del pollo alla Marengo alla maniera di Artusi o di quello “recente” basato sulle indicazioni di Escoffier, in vista dell’abbinamento al calice ciò che emerge è che si tratta di un piatto davvero ricco dal punto di vista aromatico e complesso da quello gustativo. «La presenza di pollo, gamberi e uovo dona una forte tendenza dolce e una grassezza che si compensano grazie alla tendenza acida apportata dal vino bianco sfumato e dalla salsa rossa di pomodoro», spiega Roberto Anesi. Il sommelier di questo piatto sottolinea sì la struttura importante, ma non più di altre preparazioni a base di carne. Per questo sarebbe semplice abbinare un rosso piemontese di medio corpo come un buon Nebbiolo o un Dolcetto.

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