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Patti chiari per vendere all’estero. Lo dice l’avvocato

22 Aprile 2013 Civiltà del bere
Negli ultimi anni il mondo del vino ha assistito a un preponderante sviluppo dei mercati stranieri e alla costante e progressiva riduzione dei consumi e degli investimenti nel territorio italiano, che hanno indotto molti imprenditori del “bel Paese” ad aprire i propri orizzonti a mercati alternativi. Le imprese vinicole italiane per fronteggiare il periodo di grande crisi, si trovano sempre più spesso a effettuare transazioni oltreconfine e, in questa diversa dimensione imprenditoriale, appare di fondamentale importanza la redazione di accordi che soddisfino le esigenze dell'azienda e che, allo stesso tempo, la mettano il più possibile al riparo da eventuali rischi (insoluti, fallimenti, mancato raggiungimento dei target, ecc.). SERVONO CONTRATTI CHIARI PER PREVENIRE I RISCHI - La presenza di ordinamenti giuridici e normative diverse, che si innestano in un unico rapporto commerciale, impongono all’imprenditore l’adozione di contratti dettagliati, che garantiscano sin dall’inizio chiarezza e trasparenza, e che facilitino la risoluzione stragiudiziale delle problematiche che posso insorgere. Il contratto diviene il modo più efficace di instaurare collaborazioni proficue e durature, cessando di essere un mero strumento di scambio. La distribuzione internazionale può essere realizzata attraverso l’adozione di diversi schemi; tralasciando, in questa sede, quella effettuata tramite agenti e quella realizzata attraverso strutture distributive (filiali di vendita) all’estero, soffermiamo la nostra attenzione sulla distribuzione operata per il tramite di partner commerciali, che mettono a disposizione dell’azienda produttrice la propria struttura e la conoscenza dei canali più efficaci relativamente al Paese in cui ci si vuole proporre. IL CONTRATTO DI DISTRIBUZIONE INTERNAZIONALE - Il primo passo che l’imprenditore italiano deve muovere verso l’ottenimento di una proficua relazione commerciale all’estero, è rappresentato dall’analisi accurata circa il mercato in cui intende operare: è indispensabile capire le necessità dei consumatori esteri, studiare la concorrenza ivi presente, analizzare i costi di distribuzione e i prezzi che solitamente vengono praticati, al fine di effettuare una scelta ponderata che tenga conto dei vantaggi e degli svantaggi di esportare in quel territorio. In questa attività, un ruolo fondamentale è svolto dal partner commerciale scelto per la distribuzione: è infatti quest’ultimo che conosce le dinamiche e può quindi indirizzare le scelte dell’impresa produttrice, evitando che siano azzardate. Con il contratto di distribuzione internazionale, il produttore si impegna a fornire al distributore scelto una determinata gamma di prodotti, e quest’ultimo si assume l’obbligo di acquisto degli stessi e di rivendita su un’area espressamente pattuita. Inoltre, in accordo con la politica di marketing dell’impresa, provvede anche all'attività promozionale dei prodotti, suggerendo i mezzi di comunicazione più adatti alla clientela. Infine, dato che molto spesso gode del diritto di esclusiva nel territorio a lui assegnato, è chiamato ad agire in nome proprio, assumendosi il rischio imprenditoriale della sua attività. Il contratto che regola il rapporto tra i due soggetti, oltre a dettagliare le obbligazioni principali poste a carico delle parti e le condizioni di tipo economico, dovrà prevedere tutta una serie di aspetti che garantiscano il successo della relazione commerciale. Senza presunzione di esaustività, si pongono in evidenza alcune condizioni, il cui inserimento nel contratto di distribuzione internazionale, è assolutamente auspicabile. Prima fra tutte, è la clausola relativa alla legge applicabile al contratto: infatti, trattandosi di relazioni internazionali, si potrebbe astrattamente far riferimento a norme di diversi ordinamenti, con la conseguente incertezza nella disciplina del rapporto. La scelta rimessa alle parti è consentita a livello internazionale dalla Convenzione di Roma del 1980 e dal Regolamento Comunitario 593/2008, e si pone come momento fondamentale della trattativa precontrattuale. Spesso la decisione della legge applicabile implica lunghe trattative tra i due contraenti, ma è uno sforzo che l’imprenditore deve sopportare per evitare conseguenze ben peggiori. L'ARBITRATO E LA CLAUSOLA DI MEDIATION PER LE CONTROVERSIE - Un secondo aspetto essenziale che necessita una regolamentazione contrattuale è quello della risoluzione delle controversie e del foro competente. Tale clausola consente di attribuire competenza a un giudice che altrimenti potrebbe non averla, escludendo quella di altri che, invece, potrebbero essere aditi. In alternativa al giudizio ordinario si pone l’arbitrato, ossia un giudizio di natura privata, deferito ad arbitri, che si conclude con un lodo, avente la stessa efficacia di una sentenza. Questa procedura, molto rapida, risulta particolarmente adatta a controversie di una certa importanza e consente di ammortizzare gli elevati costi. Le parti possono, infine, inserire nel contratto una clausola di mediation, obbligandosi a esperire, preliminarmente rispetto al giudizio o all’arbitrato e senza preclusione alcuna, un tentativo di conciliazione di fronte a un organismo competente, che si conclude con un accordo di natura negoziale. Tale procedura ha il vantaggio di porsi su un piano non litigioso e di essere governata dal principio cardine della riservatezza. FISSARE RISULTATI DI ACQUISTO MOTIVA IL DISTRIBUTORE - Lasciando il terreno della legge e delle giurisdizione, un aspetto senza dubbio fondamentale è quello relativo alla determinazione di obiettivi minimi di acquisto di merce posti a carico del distributore, quale condicio sine qua non della relazione commerciale. L’impresa produttrice, infatti, decide coraggiosamente di aprire i propri orizzonti a mercati esteri, spesso molto distanti e lontani da un punto di vista culturale, a condizione che ciò abbia un positivo ritorno. Fissare dei risultati di acquisto, significa motivare il distributore al raggiungimento e al superamento degli stessi, pena la perdita di fiducia e la conclusione della relazione commerciale. TUTELA DEL MARCHIO - Infine, altro aspetto delicato è la tutela della proprietà intellettuale. È indispensabile che il prodotto sia sempre e comunque riconducibile all’azienda, quale titolare del marchio d'impresa appositamente registrato, per evitare confusione tra i consumatori e indebiti arricchimenti da parte di soggetti che non hanno alcun diritto. Pertanto, il distributore, nel riconoscere l’esclusiva titolarità dei marchi, dovrà collaborare per ostacolare fenomeni di contraffazione e importazione parallela, dannose per entrambi. L’adozione di contratti strutturati e capaci di prevenire e limitare l’insorgenza di contenziosi all’estero (spesso assai costosi) costituisce una garanzia di lunga durata delle relazioni commerciali per entrambe le parti in gioco.

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