Con questo termine intendiamo quegli ingredienti che, pur non essendo principali, rendono la ricetta buona e saporita. Dai più utilizzati, come il concentrato di pomodoro, ai meno scontati cioccolato e senape.
In (quasi) qualunque piatto esiste un ingrediente principale, che è sostanzialmente un pezzo di carne, un pesce o un carboidrato. Può trattarsi anche di altro, ma percentualmente meno. Le preparazioni in cui coabitano due o più ingredienti che è corretto definire “principali”, quindi senza i quali la ricetta risulterebbe snaturata, esistono (penso al vitello tonnato dove convivono alla pari vitello, tonno e maionese), però non sono tantissime.
Questo detto, per arricchire un piatto dominato da un elemento possono essere aggiunti altri ingredienti o miscele di ingredienti, di certo mai singolarmente indispensabili, ma che ben amalgamati completano la ricetta, fondendo i sapori in maniera che il tutto sia “più buono”. E, non a caso, l’etimo di umami, termine giapponese universalmente usato per indentificare l’equilibrio ottimale dei sapori, è… buono.
Parliamone, dunque, ma con riferimento a carni e pesci, non a carboidrati. Nota bene: non mi riferisco al sale, indispensabile. E neanche delle spezie, che sono un centinaio; il pepe è solo la più famosa e diffusa. Qui ognuno faccia ciò che vuole.
1
Cipolla
La disamina non può che partire dalla cipolla, in versione soffritto ma anche tagliata o cipollina. Veramente di utilizzo universale, ineliminabile. In origine fu aggiunta perché era il più spietato super killer dei batteri, oggi il suo sapore sta nel nostro Dna e se manca la cosa non piace; mentre se aggiunto dà rotondità a una preparazione, la rende, appunto, più umami. Come tutti sanno, è tassativo non soffriggerla ovvero cuocerla con un grasso, che sopra i 100 °C degrada. Quindi spezzettatene alcune finemente, ma con un coltello di ceramica che non le ossida, stufatele con poca acqua, abbattetele se avete l’abbattitore e tenetele in frigo in un barattolo di vetro aggiungendole a cucchiai quando serve: un trucco che mi fu insegnato decenni fa da un cuoco di Barolo dopo aver goduto una sua meravigliosa trippa.
2
Aglio
Anche lui è sempre stato un grande killer dei batteri. Oggi ha senso aggiungere uno spicchio d’aglio, non di più, solo per profumare un grasso che si sta scaldando, salvo le solite tante eccezioni. Quindi private lo spicchio della tunica (la buccia) che lo ricopre e schiacciate leggermente il bulbillo (lo spicchio vero e proprio) con il batticarne o con la lama piatta di un pesante coltello in modo da permettere all’aglio di aromatizzare al meglio il grasso.
A fine cottura si può levare, essendo intero è facile, o meno, dipende dai gusti; io non lo levo mai, però ognuno faccia come preferisce. Se tritato, va altrettanto bene. Qui lo dico qui lo nego: è ottimo quello surgelato.

3
Origano
Anche lui è un grande sanificatore (il quarto super killer è il pimento o pepe di Giamaica, ma non fa parte della nostra cultura gastronomica). Meglio usarlo fresco, ovviamente, ma anche secco è gustoso. Nel primo caso aggiungetelo all’ultimo momento, nel secondo qualche minuto prima. Si usa meno di quanto mi piacerebbe.
4
Prezzemolo e zucchero
È onnipresente come… il prezzemolo, un modo di dire particolarmente azzeccato. Come fare, visto che dobbiamo prevederlo tanto spesso? La soluzione migliore è quella di mettere a bagno tanto prezzemolo per circa cinque minuti, scolarlo e poi asciugarlo molto bene nella centrifuga, tamponandolo infine con una pezzuola pulita. Si separano le foglie dai gambi (che vanno tenuti, servono per il mazzetto aromatico, anche se purtroppo durano poco in frigorifero) e si tritano le foglie, meglio con un coltello di ceramica, non con un frullatore. A seguire, il prezzemolo va abbattuto e conservato in un contenitore in freezer, dove dura a lungo. Quando serve, si prende il contenitore, si gratta con i rebbi di una forchetta per levare il quantitativo necessario, si richiude il contenitore e lo si rimette in freezer. Anche qui lo dico qui lo nego: è ottimo quello surgelato.
Lo zucchero serve per deacidificare, è un insegnamento delle nonne veramente valido – uno dei pochi validi fra quelli delle nonne.
5
Concentrato di pomodoro
È una salsa di pomodoro disidratata, uno dei prodotti più umami che ci siano. Teoricamente si può fare in casa, ma è meglio comprarlo già fatto, in tubetto, ideale per evitare di metterne troppo. Può essere semplice, doppio e triplo, con crescenti tassi di disidratazione; ovviamente, meglio utilizzare il triplo. Si adopera dopo averlo stemperato in un liquido. Serve a dare spessore alle preparazioni e a legarne i sapori, ma va benissimo anche come colorante, soprattutto negli spezzatini o nei ragù di carni, che diventano così di un colore più bello – mattone pieno invece che beige – e si sa che anche l’occhio vuole la sua parte. Il concentrato di pomodoro è veramente versatile e di utilizzo universale. Sono ben poche le preparazioni dove non ne aggiungo una punta.
6
Cioccolato e senape
Il cioccolato grattugiato, sia in purezza sia zuccherato, è un legante (quasi) altrettanto versatile del concentrato di pomodoro. La senape è un pochettino più intrusiva, ma una punta arricchisce e completa.
7
Aceto
Uno schizzo di aceto male non fa, ma che sia buono. Anzi, più che aceto si dovrebbe dire aceti, perché accanto a quelli di vino e di mele ne esistono tantissimi; io uso molto l’aceto di datteri per esempio. Ma siate avarissimi, mai più di uno schizzo.
8
Basilico
Uno dei più grandi profumi che ci siano. Può essere aggiunto alla fine ma a volte anche a inizio preparazione. Le foglie temono l’acqua e il coltello, che le ossida: quindi vanno mondate passando sopra una pezzuola inumidita, una a una. Poi vanno grossolanamente spezzettate con le mani.
E d’inverno, quando non c’è il basilico fresco? Si omette, alternative non esistono.
9
Rosmarino
Anche il rosmarino è onnipresente, soprattutto se aromatizza un grasso per arrostire, storicamente abbinato all’aglio. Potete aggiungere un rametto di rosmarino, che poi alla fine leverete, oppure togliere dal rametto gli aghi e aggiungerli, magari tritati, e in questo caso restano nella preparazione. Sa di estate.
10
Pangrattato
Serve a legare gli ingredienti sminuzzati – è anche una crosta per fritti – e ha altri innumerevoli usi. Perché non penalizzi la preparazione, meglio utilizzare del (buon) pane casereccio secco, privarlo della crosta e grattugiarlo: è una cosa facile da fare. Se volete essere i primi della classe, fatelo pestando dei grissini, quelli veri, impastati con lo strutto. Oppure usate il panko, dono dei giapponesi, a base di mollica di pane bianco tritata e asciugata in forno. Meglio comprarlo già fatto che prepararlo in casa. Anche lui molto umami.
Altri ingredienti da aggiungere con attenzione
I funghi secchi sono prevalentemente porcini, interi o tagliati a pezzi. Per utilizzarli, bisogna farli rinvenire, cioè ammollarli in acqua tiepida; 20 minuti sono sufficienti, un’ora è meglio. Alla fine, si scolano, si strizzano e si tagliano a julienne o si tritano. Non gettate l’acqua di ammollo: basta filtrarla in un passino a trama fine e si può utilizzare per sostituire parzialmente l’acqua o il brodo nella preparazione dove si aggiungono i funghi ammollati. Altri funghi secchi vanno altrettanto bene, salvo gli champignon – molto amati dai cugini francesi – che infatti secchi non si trovano. Anche quelli freschi sono adatti, però si tende ad abbondare e quindi incidono di più sul sapore: eccetto gli champignon, che, tritati, addensano e basta.
I capperi sono buoni e quasi universali ma non del tutto. Sono più utilizzati in piatti di pesce e di verdure che in quelli di carne. In genere si adoperano quelli sotto sale, salvo eccezioni. Per dissalarli, dovete sciacquarli bene e poi metterli in una bacinella colma di acqua. Lasciateli a mollo per una ventina di minuti, se potete cambiando l’acqua un paio di volte, poi scolateli, sciacquateli ancora e strizzateli. I capperi sott’aceto vanno solo rapidamente sciacquati, ma hanno un uso limitato e restano più intrusivi.
L’accoppiata pinoli e uvetta
I pinoli sono molto amati ma poco usati correttamente. Affinché sviluppino il loro profumo, è indispensabile tostarli leggermente: un lavoro che richiede un po’ di cura. Quindi è necessario dotarsi di un padellino di teflon piatto di circa 12 cm di diametro e metterlo sul fuoco al minimo. Poi unite i pinoli e fateli “tostare” (il termine è fra virgolette perché non è corretto, dato che la temperatura di cottura è così bassa) per circa 6-10 minuti, mescolandoli con un piccolo cucchiaio di legno. Devono imbiondire ma non devono scurire troppo. Poi si aggiungono, all’ultimo momento.
L’uvetta deidratata, utilizzata in genere in compagnia dei pinoli, per essere utilizzata va reidratata. Si mette in una ciotola dell’acqua tiepida e la si lascia a mollo per una ventina di minuti. Si scola, si strizza e la si aggiunge, magari tritandola se troppo grossa. Esiste anche altra frutta deidratata, che va sempre reidratata, ma ha senso utilizzarla in abbondanza, diventando quasi un ingrediente principale. Penso a uno dei piatti che più amo, l’agnellone con le albicocche, ricetta sacra da Istanbul al Pakistan, dove il sapido della carne si sposa perfettamente con l’acido della frutta, ed entrambi gli ingredienti sono quindi principali.
Quanto alla frutta secca oleosa (mandorle, noci, ecc.), basta pestarla. Ma siate guardinghi, anche perché è ricca di grassi.