Scienze

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No alla liberalizzazione degli impianti. Lo ribadiscono il ministro Romano e Confagricoltura

13 Aprile 2011 Andrea Gabbrielli
L’eliminazione dei diritti d’impianto voluta da Bruxelles a partire dal 2015, continua a essere all’attenzione del settore vinicolo. Il ministro delle Politiche agricole Saverio Romano ha toccato il tema durante la cerimonia di inaugurazione del Vinitaly. «Stiamo già lavorando sulla riforma Ocm-vino del post 2015, con un obiettivo chiaro», ha dichiarato nel suo discorso, «eliminare la norma che riguarda la liberalizzazione dell’impianto di nuove vigne. D’accordo con la Francia, porteremo con forza la nostra voce nell’ambito dell’Unione Europea: non permetteremo che vengano applicate nuove regole senza fornire ai produttori e alle filiere adeguate certezze». La liberalizzazione, infatti, potrebbe portare al crollo del valore patrimoniale dei vigneti con particolare riferimento a quelli iscritti ai vari albi delle indicazioni geografiche. Anche Confagricoltura, che ha riunito la giunta durante la fiera veronese, ripete il suo grido d’allarme. «Si andrebbe verso l’ingovernabilità del sistema vitivinicolo», ha sostenuto il presidente Mario Guidi. «Eliminare i diritti di impianto avrebbe conseguenze gravissime: aumento incontrollato delle superfici a denominazione d’origine, eccedenze nell’offerta, concentrazione nelle aree con costi di produzione più bassi, flessione del valore del vigneto, affermazione di una viticoltura lontana dalla nostra “storia”.  Contro questa prospettiva, da tempo si sono pronunciati sia il capo del governo tedesco Angela Merkel che il capo di Stato francese Nicolas Sarkozy, e anche Spagna e Ungheria si sono dichiarate contrarie». Le preoccupazioni però, nonostante le dichiarazioni, rimangono. Il comparto ha molto chiare le conseguenze derivate dall’applicazione del regolamento 479/2008.

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