L’acqua è parte integrante dell’immaginario legato a questo distillato. In ogni Paese di produzione ha le sue caratteristiche, ma i regolamenti locali la vogliono filtrata e trattata. Per fabbricare una sola bottiglia di whisky ce ne vogliono ben 13 litri.
L’articolo fa parte della Monografia Acqua (Civiltà del bere 2/2021)
Gli uffici marketing, per l’acqua del whisky, hanno uno storico debole. Ovunque sia prodotto, la fiaba sull’acqua non manca mai: filtrata dalle eriche e dalla torba in Scozia, sgorgata dalle spaccature nella lastra di limestone che forma il sottosuolo del Kentucky, prelevata là dove nacque la cerimonia del tè in Giappone, l’acqua è parte integrante dell’immaginario del whisky. Del resto, è nella parola stessa: whisky deriva dall’irlandese antico Uisce beatha (pronuncia, ìsc-ke baha), acqua di vita, dal termine acquavite con cui nei monasteri si indicava l’alcol. C’è anche chi si spinge a dire che, in un’industria in cui i cereali arrivano alle distillerie da ogni capo del mondo, l’acqua rappresenti un elemento di terroir.
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