«Al liceo ho seguito un corso da sommelier. Ed è stato subito amore». Quando Camilla Rossi Chauvenet si scopre aspirante vignaiola in una famiglia di avvocati, decide di trasformare in Cantina la vecchia casa di proprietà in Valpolicella.
«Mi sono laureata in Agraria a Padova, dopo un anno al Politecnico di Madrid e un anno alla Montpellier SupAgro, in Francia. I miei genitori erano molto scettici, poi si sono resi conto che il mio entusiasmo era duraturo. Mi svegliavo all’alba, senza riscaldamento, lavoravo con il mezzadro… Per loro Massimago era la casa di famiglia, sorridevano al mio dire “vado in azienda”, ma poi hanno capito. E mi hanno aiutato». I 12 ettari vitati (su 30 totali) nella valle di Mezzane sono tutti intorno alla tenuta, divisi in piccole particelle fra 80 e 350 m slm.
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Radici antiche per un’azienda moderna
«Massimago è un clos, un unico appezzamento, di cui si ha traccia fin dall’epoca romana. Incredibilmente, nessuno nei secoli l’ha frammentato». Dal migliaio di bottiglie della prima vendemmia 2003 alle 80 mila di oggi, Camilla ha dato forma e identità alla “sua” Massimago. In azienda si occupa quasi di tutto: segue la produzione in vigna e in cantina, che è affidata alle cure quotidiane di due tecnici interni con la supervisione di un consulente, la comunicazione e l’accoglienza. «Massimago è un wine relais dove l’ospitalità è innanzitutto esperienza. Abbiamo valorizzato anche le altre proprietà di famiglia a Verona e Padova, creando una rete di strutture sotto il nome “Massimago”, dove il vino è un mezzo per parlare del territorio e del nostro modo di vivere».
L’articolo è tratto da Civiltà del bere 6/2019. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com