Sul mercato il Marsala ha un’anima divisa tra i grandi numeri della Gdo e una nicchia Horeca votata all’alta qualità. Le strategie delle Cantine leader per scalare il successo della Doc. E l’esigenza di ritrovarsi nuovamente in un consorzio che tuteli dall’uso indiscriminato del nome.
Nessun altro vino italiano ha mai avuto un’impronta così internazionale, sin dagli inizi della sua storia, come il Marsala. È nato alla fine del Settecento per l’esportazione in Inghilterra. Ben prima che il Paese fosse unito nel Regno d’Italia (1861), era già consumato a Roma come a Torino, a Londra e nelle Americhe. Salvatore Mondini (Il Marsala, Casale Monferrato, 1922) elenca oltre 70 Paesi del mondo dove il Marsala, in botte e in bottiglia, veniva commercializzato dal 1911 al 1920. In questo lungo lasso di tempo sino ad oggi ha sofferto per gli alti e bassi dovuti ai conflitti, alla tassazione sull’alcol, alla qualità scadente delle tante imitazioni (marche di concorrenza) e infine al cambiamento degli stili di vita e di consumo. Negli anni Cinquanta le ditte enologiche registrate erano ben 226. Il picco produttivo – con 200-250.000 ettolitri – fu raggiunto negli anni Sessanta (Nicola Trapani, Il Marsala – Storia, tradizioni e tecnica).
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