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Luisa Silvestrini racconta le sue Colline di Sopra a Montescudaio

9 Febbraio 2016 Jessica Bordoni
Dietro a una grande Cantina c’è spesso una grande donna. Così è per la Casa vinicola Colline di Sopra a Montescudaio, in provincia di Pisa, e la sua titolare Luisa Silvestrini (in foto), che dallo scorso dicembre è anche presidente del Consorzio di tutela Montescudaio Doc. La incontriamo all’Enoteca Ombre Rosse di Milano per fare il punto sul suo giovane, ma già ben impostato progetto enologico nel Pisano. Cinque ettari a 10 chilometri dal mare L’azienda è nata nell’autunno 2006. In tutto cinque ettari esposti a nord-est e nord-ovest sui pendii che da Montescudaio digradano verso la Val di Cecina. «Siamo in una zona particolarmente soleggiata, ma anche piuttosto ventilata, a circa 10 chilometri dal mare», racconta la produttrice. L’altitudine è tra i 120 e i 200 metri, con suoli di medio impasto, argillosi e ricchi di minerali. «Gli impianti risalgono al 2006, su terreni che prima del nostro intervento non erano mai stati adibiti a vigneto». Fin da subito, la decisione di lavorare in regime biologico e oggi tutti i vini sono certificati. La scelta delle uve è andata su alcune varietà internazionali a bacca rossa, che in Toscana hanno trovato una seconda patria: Merlot, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Petit Verdot e Syrah. Ad esse si aggiunge il Sangiovese, per il quale sono state fatte delle particolari selezioni massali a grappolo spargolo. L’unico vitigno bianco è il Moscato. Una Cantina moderna ed ecocompatibile Piemontese di origine, Luisa Silvestrini ha vissuto per molti anni a Pavia con il marito esercitando la professione di architetto. «Da sempre io e la mia famiglia frequentiamo la Toscana e ne siamo innamorati. Una decina di anni fa è maturato il progetto di acquistare un appezzamento di terra per dar vita ad un’azienda agricola, e così abbiamo iniziato a girare per casolari in cerca della proprietà più adatta. Arrivati a Montescudaio è scattato il colpo di fulmine». La Cantina è stata progettata dalla stessa titolare. Si tratta di una costruzione moderna parzialmente interrata nella collina e dunque perfettamente in armonia con il paesaggio. «È sormontata da un’ampia tettoia dove arrivano le uve pronte per la lavorazione. I tini sono riempiti per caduta e l’uso delle pompe è ridotto al minimo. Sul tetto è disposto un impianto fotovoltaico, mentre le acque piovane e quelle provenienti dai drenaggi del vigneto convergono in una cisterna e sono riutilizzate per i lavaggi dei mezzi agricoli e altri trattamenti». All’interno trovano spazio un ambiente di vinificazione con tini termocondizionati, una barricaia a climatizzazione naturale e uno stoccaggio. Si parte con il Moscato bianco Tredici M La nostra degustazione comincia con il Tredici M, Toscana Igt 2014 da Moscato bianco in purezza. La genesi di questo vino è tutt’altro che scontata: «L’idea iniziale era quella di produrre un Moscato in versione passita, ma la vendemmia 2013 non ha permesso la surmaturazione delle uve e così abbiamo vinificato tradizionalmente in bianco. Il successo della prima annata ci ha spinto a continuare in questa direzione». La fermentazione è in acciaio (con lieviti spontanei), dove il vino rimane per altri 6 mesi a temperatura controllata sulle fecce fini. Di colore giallo paglierino, al naso offre un ampio bouquet che spazia da note di albicocca, agrumi, ma anche salvia e mirto. In bocca è elegante, minerale, con una chiusa lievemente amarognola. Eola, il rosso nel 2014 che ha riunito tutte le varietà A seguire Eola, Igt Toscana 2014. Con sincerità la produttrice ammette che l’annata 2014 si è rivelata particolarmente difficile, assai piovosa e poco soleggiata. Da qui l’idea di produrre un solo rosso, riunendo il meglio di tutte le uve del corpus aziendale. Una specie di carta di identità di Colline di Sopra. «Eccezionalmente per questa vendemmia, alle varietà Merlot, Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Syrah normalmente previste nel blend, in assemblaggio sono state aggiunte anche le partite di Cabernet Franc e Petit Verdot». Il risultato è un vino non particolarmente corposo ma molto piacevole ed elegante. Rosso rubino alla vista, nel profumo ricorda frutti a bacca rossa, ribes, ciliegia, fragoline di bosco. Al gusto è fresco, con interessanti note speziate. Anche in questo caso solo acciaio con malolattica svolta. La seducente morbidezza del Larà Nel terzo calice trova posto il Larà, Toscana Igt 2013, seducente blend di Merlot e Syrah, con un saldo di Cabernet Sauvignon. Qui la struttura si fa più fitta, con tannini morbidi e setosi, che avvolgono dolcemente il palato. I sentori spaziano dalla prugna all’amarena, ma anche spezie come cannella e pepe bianco. «Questa etichetta è stata messa a punto dopo Ramanto ed Eola: per il nome ci siamo ispirati alle loro sillabe iniziali e finali». La complessità del cru Ramanto Poi è la volta del cru Ramanto, il primo vino prodotto dalle Colline di Sopra nel 2009. In assaggio c’è l’annata 2013, anche in questo caso Igt Toscana. La fermentazione avviene in acciaio, poi però il vino passa per almeno un anno in barrique di rovere francese che vanno dal I fino al IV passaggio, a cui seguono 6 mesi in bottiglia. Lo spettro olfattivo regala complesse note di mora, timo, menta, cacao; in bocca è caldo, pieno, ricco, con tannini morbidi e un lunghissimo finale. Lùis, omaggio alla titolare e alle sue origini piemontesi Chiude il cerchio il Moscato bianco in versione passita Luis, Toscana Igt 2012. È un omaggio alle origini piemontesi di Luisa Silvestrini e porta il nomignolo con cui la titolare viene affettuosamente chiamata in famiglia. Dopo la vendemmia, i grappoli vengono posti in cassette forate in un unico strato, dove l’appassimento naturale prosegue per alcuni mesi. Poi le uve sono pressate intere con un piccolo torchio di legno. La fermentazione e la maturazione (di 8 mesi) avvengono in acciaio. Presenta un colore giallo dorato, con note di albicocca, datteri, miele e salvia. È un passito fine ed elegante, ricco di sfumature e tutt’altro che stucchevole.

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