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Lucca Biodinamica di nome e di fatto

14 Aprile 2017 Anita Franzon
A fare rete dovremmo imparare tutti da un piccolo e forte gruppo di agricoltori della Lucchesia riuniti in un distretto che prende il nome dall’etica e dal metodo di coltivazione che li accomuna: Lucca biodinamica. Siamo lontani dalla Toscana blasonata del vino che tutti conosciamo. Siamo, invece, a metà strada tra le luminose spiagge della Versilia e il punto d’incontro di Alpi Apuane e Appennini Toscoemiliani, dove si fa spazio la Garfagnana, valle solcata dal fiume Serchio, ricca di acque, ponti, boschi e, anticamente, anche di viti.

La riscoperta di varietà quasi estinte

Nel Medioevo era la seta a rendere ricca la città di Lucca, con l’industrializzazione è arrivata la carta e il conseguente abbandono delle campagne. Così, oggi, sulle colline che circondano la città prevale un’importante biodiversità: niente distese di vigneti che ridisegnano i fianchi dei colli, niente Cantine sociali che insistono sul territorio, niente sfruttamento del terreno. Le vigne che ancora si trovano, spesso sono così vecchie da custodire vitigni oggi rari o quasi estinti, ma sono aggrovigliate e trascurate. È su questo suolo che operano i viticoltori che hanno deciso di ripartire insieme dalla terra e, da questa, creare un nuovo stimolo alla vita.

Prevenire è meglio che curare

«Per la prima volta si può parlare del vino con un linguaggio nuovo, che prenda in considerazione il metodo di agricoltura legato al territorio», afferma Giuseppe Ferrua di Fabbrica di San Martino. L’obiettivo di Lucca Biodinamica, rete che attualmente coinvolge 13 aziende del comprensorio, condotte per la maggior parte da giovani vignaioli e ortolani è, innanzitutto, un’assunzione di responsabilità. Capacità di osservazione, percezione attiva, ascolto: sono le condizioni principali per avvicinarsi al metodo biodinamico che, secondo lo studioso e divulgatore Alex Podolinsky, vuole essere un meccanismo di prevenzione per la pianta, non di cura.

L'etica come valore fondante di Lucca Biodinamica

Lontano dai preconcetti che vedono la biodinamica più vicino all’esoterismo che alla scienza, Podolinsky, in un convegno del 2006, invita semplicemente a uno sguardo attivo e responsabile: «Molti agricoltori di oggi hanno perduto questa capacità, perché guidati da consulenti di aziende di prodotti chimici o di fertilizzanti solubili in acqua e che interferiscono profondamente nella saggia organizzazione dell’universo vegetale». Il mondo naturale abbracciato con etica è, invece, il motore che muove la rete che sta trasformando Lucca in un grande giardino biodinamico, grazie all’entusiasmo contagioso che questi produttori riescono a trasmettere.  
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 01/2017. Per continuare a leggere acquista il numero nel nostro store (anche in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com. Buona lettura!

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