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Less but better: che vino si beve in Norvegia

23 Settembre 2019 Civiltà del bere
Less but better: che vino si beve in Norvegia

Cresce l’interesse dei consumatori scandinavi per rosé e spumanti, tipologie più fresche e meno alcoliche. E l’Italia punta alla conquista dei nuovi trend con l’ultima edizione di Simply Italian Great Wines Norway, oggi a Oslo.

I grandi vini dello Stivale tornano in Nord Europa per la quarta edizione di Simply Italian Great Wines Norway. La tappa scandinava dell’evento ideato da Iem – International Exhibition Management è l’occasione per analizzare le ultime tendenze di consumo nel nord Europa. «La Scandinavia si conferma nel tempo un mercato dal grande potenziale, dove la qualità dei prodotti paga», spiega Marina Nedic, managing director di Iem. «I winelover norvegesi sono consumatori evoluti e con un elevato potere d’acquisto. E chiedono vini a maggior valore aggiunto, premiando le produzioni d’eccellenza italiane e francesi».

Crescono i winelover curiosi e consapevoli

In Norvegia circa l’80% del mercato delle bevande alcoliche è controllato dal monopolio statale, Vinmonopolet, che gestisce anche negozi specializzati per la vendita al dettaglio. È quindi fondamentale creare solide relazioni commerciali con gli importatori dotati di licenza rilasciata dal monopolio. Secondo uno studio di Kantar TNS per Vinmonopolet, accanto a una fetta di consumatori “cost-focused”, attenta al prezzo e orientata su prodotti semplici (19%), la grande maggioranza degli acquirenti è rappresentata da winelover in cerca di consigli sugli acquisti e aperta ad assaggiare nuove etichette (38%) e da conoscitori del mondo del vino, consapevoli dei propri gusti (un altro 31%); e non mancano i bevitori esperti, alla ricerca di nuove ispirazioni (12%).

Marina Nedic, managing director di Iem

In Norvegia si scoprono i rosé e gli sparkling wines

Anche nel mondo del vino scandinavo è in atto una progressiva rivoluzione dei consumi, parallela al boom delle birre artigianali. Il consumo pro capite si attesta ancora sui 14 litri di vino all’anno, ma cresce l’interesse dei consumatori per tipologie più fresche e meno alcoliche, come rosé e sparkling wines: il trend è “drink less but better”. Una tendenza che sta prendendo piede nei centri urbani come nelle aree rurali, a pari passo con la diffusione di uno stile di vita più healthy.

Italia e Francia guidano la classifica degli importatori

Le importazioni di vino italiano riflettono i trend evidenziati. L’Italia è in testa alla classifica dei partner commerciali insieme alla Francia, con 118,53 milioni di euro per 266,06 mila ettolitri nel 2018 (quasi un terzo delle importazioni complessive: 373,14 milioni di euro e quasi 862 mila ettolitri). Seguono a grande distanza Spagna (36,61 milioni di euro), Germania (30,1 milioni di euro) e Stati Uniti (11,58 milioni di euro).

Amatissimi Prosecco e rossi veneti e piemontesi

Prosegue il trainante successo del Prosecco, soprattutto tra le ultime generazioni di consumatori scandinavi, con incremento a doppia cifra in valore (11,33 milioni di euro, +10,6%) e un prezzo medio di tutto rispetto (4,7 euro al litro), parallelo alla richiesta di etichette più leggere, con residuo zuccherino contenuto. «Il mercato dei vini italiani Dop è ancora dominato dai rossi piemontesi e veneti (13,5 e 12,58 milioni di euro), ma scalpitano tipologie emergenti come i bianchi del nord est e l’Asti Spumante, che pur con valori assoluti ancora contenuti (890 e 580 mila euro), vedono una crescita superiore al +38%. Una nicchia promettente è rappresentata anche dai rossi più leggeri prodotti nelle regioni del nord Italia», conclude Marina Nedic.

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