Li chiamano Verdicchio Boys. Sono un gruppo di giovani vignaioli impegnati nel rilancio del grande bianco dei Castelli di Jesi, partendo dall’identità territoriale e da un approccio green. Tra loro c’è Leopardo Felici, per tutti Leo, che insieme al padre e alla compagna guida la Cantina Andrea Felici, 12 ettari tra Apiro e Cupramontana.
«La mia famiglia è impegnata nella produzione del Verdicchio da tre generazioni, ma solo una quindicina d’anni fa abbiamo iniziato a imbottigliare con un nostro marchio», spiega Leo Felici. Il progetto nasce proprio su sua insistenza: «Quando lo dissi a mio padre, mi risposte di stare attento: per scrivere bene, bisogna aver letto tanti libri, per fare dei vini buoni, è necessario averne assaggiati tanti. Lo stile è una questione di esperienze maturate sul campo».
Il ritorno di Leo Felici dopo le esperienze a Londra e Firenze
Da qui la scelta di fare un po’ di gavetta nel mondo della ristorazione. «Tra i 22 e i 23 anni sono stato a Londra, alla Gordon Ramsay Company, poi ho trascorso altri due anni all’Enoteca Pinchiorri di Firenze. Quando nel 2007 sono ritornato a casa, le mie idee erano decisamente più chiare». Tutto ruota intorno all’equazione vino-territorio. «In vigna puntiamo all’equilibrio omeostatico, ovvero la naturale tendenza alla stabilità dell’ecosistema, preservando la biodiversità e il microclima grazie a lavorazioni biologiche e alla vicinanza di un bosco e di un laghetto. In cantina utilizziamo il cemento per non coprire la mineralità tipica dell’uva». Due le etichette: la “cuvée” Andrea Felici e il “cru” Il Cantico della Figura, dalla vigna ultracinquantenne San Francesco.
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