In totale di 583 Cantine cooperative vitivinicole in Italia, 3,2 miliardi di fatturato aggregato, 8.848 addetti e 198.122 aziende vitivinicole socie conferenti. Sono i numeri delle cooperative di primo (costituite da soggetti individuali che possono essere persone fisiche o giuridiche) e secondo grado (cooperative di cooperative che si uniscono per fornire servizi comuni alle cooperative associate e operano attraverso un consiglio d’amministrazione) aderenti alle tre centrali cooperative Fedagri-Confcooperative, Lega Coop Agroalimentare e, seppur con un peso decisamente minore rispetto alle prime due, Agci Agrital.
Fedagri rappresenta la fetta maggiore di questo segmento con 425 cooperative associate, circa il 70 per cento del totale, 141 mila soci viticoltori e 5.700 addetti, per una capacità di incantinamento di 20 milioni di ettolitri di vino e un valore aggregato della produzione di 2,4 miliardi di euro, dei quali 1 miliardo deriva dalla commercializzazione dei vini oltre confine. E proprio l’estero sembra essere il canale di commercializzazione preferito dalle Cantine cooperative di Fedagri. Dal mondo deriva mediamente il 35 per cento del fatturato prodotto. L’89 per cento delle esportazioni è diretto verso due macroaree: l’Europa e il Nord America, in particolar modo Stati Uniti e Canada. Il mercato che suscita maggior interesse è senza dubbio quello tedesco. In Germania arrivano i vini dell’80 per cento delle cooperative che fanno export; seguono gli Stati Uniti con il 42 per cento, Canada e Svizzera con il 40 per cento e Inghilterra con il 32 per cento. La quota dell’export sul fatturato totale cresce con l’aumentare della dimensione media aziendale. Si va dal 7 per cento delle cooperative con valori di produzione inferiori a 5 milioni di euro fino a superare anche la quota del 50 per cento per le cooperative con dimensioni superiori ai 50 milioni di euro di fatturato.
Grazie ai finanziamenti messi a disposizione dall’Ocm vino per la promozione nei Paesi terzi, Fedagri sostiene i suoi associati nella realizzazione di programmi di promozione nel Nord America per consolidare le quote di mercato e verso altre aree interessanti per quanto riguarda la crescita dei consumi come Cina, Giappone, Brasile e Messico, Paesi interessanti per differenziare il portafoglio export.
Per contro, il 65 per cento dei fatturati deriva dalle vendite in Italia; le cooperative vendono per il 51 per cento nella Gdo e per il 49 per cento attraverso altri canali (vendita diretta, Horeca e distribuzione tradizionale). Sono soprattutto le piccole Cantine a preferire la vendita diretta, traendo da questo sistema il 20 per cento del loro fatturato con picchi dell’80 per cento in quelle zone turistiche in cui il punto vendita di una coooperativa è storicamente insediato.
Ma qual è la percezione che il settore cooperativo ha del mercato così come lo conosciamo oggi? Ci dà la sua versione dei fatti Giuseppe Battistuzzi, responsabile del settore vitivinicolo di Fedagri-Confcooperative: «Il consumo di vino cresce soprattutto tra i giovani; dal mio punto di vista siamo giunti al termine di quel processo di riduzione che aveva caratterizzato l’ultimo ventennio nei Paesi a più alto consumo procapite. Da tempo si discute dei cambiamenti del mondo della distribuzione, di come la concentrazione di catene porti a dover modificare e rafforzare i soggetti produttori per riuscire a sostenere la fase commerciale e di come, dall’altra parte, il canale Horeca perda la sua capacità di consumo. Insomma, il canale moderno mantiene i consumi ma riduce i valori, mentre l’Horeca contrae drasticamente i consumi». Questo ha ovviamente una ricaduta diversa se pensiamo al ruolo delle Cantine sociali. Vediamo come, seguendo sempre il ragionamento di Battistuzzi: «Le Cantine sociali orientate verso la ristorazione stanno soffrendo e sono costrette a ridimensionarsi cercando di eliminare lo sfuso dalle rimanenze. D’altro canto, le Cantine che avevano sempre collaborato con la Gdo oggi non hanno la forza per reggere le pressioni dei buyer e si rendono disponibili a delle vere e proprie svendite che impoveriscono tutta la filiera e in particolar modo l’anello più debole e cioè il viticoltore. Per far fronte a tutto questo è già in atto un processo di compressione dei costi produttivi in vigna e in cantina; siamo convinti che nei prossimi cinque anni cambierà di molto lo scenario del nostro comparto: si modificheranno i rapporti con il canale ristorazione/Horeca, proseguirà la sofferenza dei vini appartenenti ai segmenti premium e super premium e si evidenzierà sempre di più una crescita nel canale Gdo trascinata dai vini di fascia media».
Sono 950 i milioni di fatturato prodotti invece dalle 88 cooperative vitivinicole affiliate a Lega Coop Agroalimentare. «Le nostre Cantine risentono della crisi come del resto accade anche per i privati; è meno in affanno chi è riuscito a diversificare le produzioni, ma nei prossimi mesi sarà soprattutto il Sud a risentire dei tagli agli aiuti comunitari della nuova Ocm vino. Per questo assistiamo a fenomeni di aggregazione di Cantine sociali che si uniscono per raggiungere un obiettivo, ad esempio, tentare di entrare in un mercato nuovo», ci ha spiegato Gabriella Ammassari, responsabile del settore vinicolo di Lega Coop Agroalimentare. «Il bisogno di razionalizzare i costi ha certamente spinto anche verso un cambiamento dei rapporti tra i soci e le Cantine di conferimento; sono pochi i giovani che si avvicinano al mestiere, ma iniziano ad esserci i primi cambi generazionali. Oggi conferire le uve a una Cantina sociale è sempre meno una “seconda attività” e sempre più invece un lavoro fatto con passione e diretto alla ricerca della qualità. Per questo c’è sempre maggior interazione rispetto al passato».