Quando è rosato si chiama Sciac-Trà, “pigia e togli”, perché le uve sono a contatto brevissimo con il mosto; quando è vinificato in rosso segue due strade, quella del vino profumato affinato in acciaio e quella del vino più complesso affinato in legno. Per gli appassionati del buon bere l’Ormeasco è disponibile nelle tre età. Il vitigno discende dal Dolcetto piemontese, dal quale si è allontanato da più di 800 anni e quindi ha assunto caratteri diversi, trovandosi bene nei 40 ettari che fanno fulcro in Pornassio, cittadina dell’entroterra ligure della provincia di Imperia. Si tratta di piccole produzioni, 200 mila bottiglie, tra le tre tipologie, suddivise tra 22 produttori, di cui 5 rappresentano abbondantemente il 30%.
C’è voglia di crescere e di farsi conoscere meglio. Il messaggio è stato dato sabato scorso con una degustazione di 11 prodotti, organizzata a Pieve di Teco (Imperia), a Palazzo Borelli, da Massimo Lupi, contitolare dell’azienda di famiglia e produttrice storica dell’Ormeasco. In degustazione i vini della vendemmia 2009 affinati in acciaio, per dimostrare la gradevolezza di un rosso ricco di sensazioni, in cui spicca la ciliegia, seppur di facile beva e con una vasta gamma di abbinamenti.