Ricerche condotte su vigneti in Montenegro da un gruppo di studiosi spagnoli hanno individuato piante di vite nel momento del salto evolutivo che ha portato alla comparsa della varietà coltivata a partire da quella selvatica. Una fotografia unica di quanto avvenuto 8.000 anni fa con la domesticazione della specie.
La domesticazione della vite è un processo di selezione guidato dall’uomo, che ha trasformato le forme selvatiche (Vitis vinifera sylvestris) in piante domestiche e vinifere (Vitis vinifera vinifera, o sativa secondo un’altra denominiazione utilizzata). Una transizione in cui alcuni tratti morfologici e genetici hanno subito modificazioni. Nonostante siano passati 8.000 anni dall’inizio di tali pratiche, in Montenegro sono state trovate viti della sottospecie sylvestris che potrebbero essere considerate come proto-varietà, non ancora interamente domesticate dalla mano umana.

Al confine tra modernità e tradizione
Nelle vicine seppur selvagge terre del Montenegro, la viticoltura moderna convive perfettamente con una tradizione così radicata da aver conservato fino a oggi pratiche agricole antichissime. Per questo motivo, tale regione vinicola offre un’opportunità unica per l’esplorazione della diversità genetica e per l’osservazione diretta di alcune tappe di domesticazione della vite. Nel corso di migliaia di anni, a partire dal Neolitico, nel passaggio dalla vite selvatica a quella coltivata si sono, infatti, susseguite fasi intermedie che una squadra multidisciplinare di ricercatori montenegrini, canadesi e spagnoli è riuscita a “fotografare” tra le vigne del Montenegro. Qui gli studiosi hanno campionato più di 500 viti di oltre 100 anni determinandone il genotipo e la reciproca connessione genetica; i risultati della ricerca sono stati recentemente pubblicati in un articolo sulla rivista “Nature Scientific Reports”.

Una trasformazione ancora in atto
Secondo quanto i due autori principali della ricerca riportano in sintesi sulla rivista “Ciencia & Vinho”, in questa particolare zona dei Balcani la domesticazione della vite selvatica sarebbe ancora in atto. I ricercatori in questione, entrambi affiliati al Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC), sono Javier Ibáñez, pioniere in Spagna delle ricerche sul Dna della vite e degli strumenti statistici per l’identificazione e la caratterizzazione varietale, e José Miguel Martínez Zapater, direttore scientifico dell’Instituto de Ciencias de la Vid y del Vino (ICVV) della Universidad de la Rioja.

I cambiamenti indotti dall’uomo
Nel processo di domesticazione della vite, l’uomo ha effettuato selezioni fino a produrre cambiamenti notevoli riguardanti, per esempio, l’aumento del contenuto zuccherino, la grandezza degli acini, ma anche il sesso della vite. I vari tratti selezionati non da scienziati, ma da antichi e molto sapienti viticoltori, sono stati quindi fissati attraverso la moltiplicazione vegetativa, dando infine luogo alle diverse varietà della Vitis vinifera sottospecie vinifera. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, questi cambiamenti non sono assoluti e ci sono vitigni che mantengono alcuni caratteri della vite selvatica Vitis vinifera sottospecie sylvestris per alcuni tratti: come la presenza di piante con soli fiori femminili o altre con bacche più piccole.

Come risalire all’origine
Per via degli innumerevoli passaggi e incroci avvenuti nell’arco di millenni, i ricercatori hanno ora molta difficoltà a capire la storia di ciascun vitigno, anche se l’uso di marcatori genetici e i progressi scientifici riescono oggi a fornire numerose indicazioni sull’origine della vite. Ma secondo il team internazionale guidato dai ricercatori dell’ICVV, si possono ottenere nuove informazioni dagli antichi vigneti montenegrini; a tale scopo gli studiosi hanno raccolto e analizzato 419 campioni in tutto il Paese e 57 varietà locali. Da questi rilievi i ricercatori hanno ottenuto 144 diversi profili genetici, dei quali più di 100 corrispondenti a viti coltivate, rivelando la presenza di una notevole diversità.
Cosa dicono le analisi
Gli esami condotti sui campioni prelevati hanno quindi svelato la presenza di presunte proto-varietà, cioè forme di vite allo stadio intermedio nel passaggio da selvatiche a coltivabili, ma ancora vicine alla forma della sottospecie sylvestris. Anzi, tra queste, un paio di vecchie viti sono risultate essere piante appartenenti proprio alla sottospecie originaria. Questa scoperta permette agli studiosi di toccare con mano le prime fasi di un processo di domesticazione, che coincide al momento in cui si prelevano talee da una pianta di sylvestris giudicata di interesse per metterle in coltivazione. Queste proto-varietà diventeranno vere e proprie varietà solo se in futuro verranno ulteriormente moltiplicate e coltivate.
A che cosa serve la ricerca
Anche se ci vorranno ancora molti anni, le ricerche basate su tecnologie avanzate di analisi del genoma creano il potenziale per lo sviluppo di una viticoltura a base di vitigni autoctoni, per cui il Montenegro potrebbe diventare un riferimento. Ma l’analisi approfondita di tutta la diversità quasi primordiale custodita in queste campagne non ha fornito soltanto informazioni sulla diversità genetica attuale. Ha anche dato indicazioni su come questa diversità si sia generata nel tempo grazie anche all’attività umana. Lo studio si inserisce in un ampio filone di ricerche con cui la comunità scientifica indaga sui processi evolutivi che hanno portato alle attuali varietà coltivate. I risultati contribuiranno a comprendere le risposte fornite dalle piante a diverse condizioni ambientali e a migliorarne la gestione attuale e futura.