A Opera Prima, a Verona, ha debuttato la nuova annata del re dei vini veneti: complessa ma identitaria. Per l’occasione sono stati festeggiati i 100 anni del Consorzio Vini Valpolicella. Il futuro della denominazione in un’analisi dell’Osservatorio Uiv.
È stata un’edizione speciale quella di Amarone Opera Prima – la 21a, e la terza da quando l’anteprima del vino veneto ha rinnovato il nome. Quest’anno, infatti, ricorrevano i 100 anni dalla fondazione del Consorzio Vini Valpolicella. Era il 9 febbraio 1925 quando alcuni illuminati produttori della Valpolicella si riunirono in una realtà associativa (che sarebbe poi diventato consorzio con la nascita della denominazione nel 1968) nella sala consiliare di Verona, città oggi simbolo della denominazione e dalla quale tutto è partito un secolo fa. Per l’occasione sotto i riflettori c’erano anche l’annata 2020 di Amarone presentata in anteprima e i banchi d’assaggio di 78 aziende al palazzo della Gran Guardia, dal 31 gennaio al 2 febbraio. Una vendemmia complessa, ma che ha saputo dare buoni risultati, grazie anche alla cura in vigna da parte dei viticoltori, confermata dalle interpretazioni, ritrovate nel calice, all’insegna dell’identità territoriale e dell’equilibrio. Domani pubblicheremo la nostra selezione con relative note degustative.

L’andamento dell’annata 2020
L’annata 2020, assaggiata in anteprima da 106 giornalisti, di cui 73 provenienti da 26 Paesi, è stata complessa e contraddistinta da un andamento che ha alternato momenti di estrema siccità a piogge abbondanti, con sfide lungo tutto il ciclo vegetativo. Germogliamento e fioritura, in mesi caldi e asciutti, sono stati anticipati. A giugno, per le piogge abbondanti e il calo delle temperature, i viticoltori hanno dovuto gestire lo sviluppo di patogeni della vite. Il clima altalenante è proseguito con un luglio caldo e asciutto e un agosto piovoso. A settembre, in principio di vendemmia, il clima fresco e ventilato ha favorito la maturazione sana ma variabile delle uve, a seconda della zona. In definitiva, la 2020 è stata un’annata che ha messo alla prova i viticoltori della Valpolicella, ma ha garantito in parecchi casi Amarone dall’ottima dotazione acidica, garanzia di un buon invecchiamento, e tipici.
Come è nato l’Amarone
«In questi 100 anni abbiamo trasformato in opportunità un “errore”», dice il presidente del Consorzio Vini Valpolicella Christian Marchesini, ricordando la storia che vuole che l’Amarone sia nato da una botte di Recioto dimenticata in cantina. Oggi la Valpolicella è una delle più importanti realtà vitivinicole del Paese e conta 8.600 ettari di vigneto in produzione, 2.400 produttori, 360 imbottigliatori per un valore di 6 miliardi di euro e gli Usa come primo mercato di sbocco (dati 2024). «E continuiamo a crescere in numeri – nell’ultimo anno si sono iscritte al Consorzio 54 aziende – e a sviluppare strategie per far fronte alla crisi di mercato».
L’analisi di mercato
A tal proposito è stata presentata un’analisi di mercato dell’Osservatorio Uiv, che vede il re della Valpolicella chiudere il 2024 a -2% sull’anno precedente, ma con un recupero del +9% nel secondo semestre. Sempre secondo l’analisi, il nuovo secolo della denominazione – e del suo vino di punta – deve concentrarsi su una maggior segmentazione delle destinazioni di mercato oppure individuando target e posizionamenti diversi. In particolare, l’Amarone dovrà consolidare il proprio posizionamento di vino icona presso un pubblico principalmente composto da consumatori di età matura con un reddito superiore ai 100 mila dollari (negli Usa). Dalla storica roccaforte nordeuropea (dove si concentra il 50% del suo mercato estero) dovrà crescere negli Usa, ma anche in Giappone o in Cina. Per far ciò, «l’Amarone dovrà proporre al mondo un proprio “cocktail” fatto di aree produttive diverse, del brand Verona, di stile e coerenza per un metodo atto a divenire esso stesso espressione di territorio», spiega Carlo Flamini dell’Osservatorio Uiv.
Foto di apertura: erano 78 le aziende presenti quest’anno a Amarone Opera Prima