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La spirale della civiltà

28 Febbraio 2014 Civiltà del bere
Ogni progetto si avvia a partire da un incipit specifico, da una puntuale motivazione originaria che, come un “hic et nunc”, rappresenta quel primo fondamentale condizionamento da cui lentamente affiora ogni possibile relazione di affinità. E in effetti, bisogna dirlo, una cosa è progettare una nuova identità visiva per un prodotto dalle caratteristiche più o meno definite, molto spesso pensate a tavolino da strateghi dell’immagine impegnati a proporre naming seduttivi, approcci glamour e pay off di facile memorizzazione, ben altra cosa è ritrovarsi a riflettere in direzione di una qualche sensata e pertinente trasposizione grafica della parola “civiltà”. Come si traducono in un’unica immagine di sintesi i molteplici rimandi presenti nel concetto di civiltà, con le tante sovrapposizioni di ambito geografico, storico, tecnico e artistico? Esistono tratti distintivi riconducibili alla “civiltà del bere”, nella sua massima estensione, quale espressione compiuta di un Homo che si è distinto proprio per il suo peculiare ‘andare oltre’ quel bisogno primario di bere? Ecco dunque che l’idea derivata è stata quella di rendere evidente tale peculiarità di specie, amplificando ogni possibile associazione con l’intera civiltà del bere, con il mondo del vino, dei suoi colori, dei suoi significati e dei suoi simboli. Si è così deciso di ‘avvicinare’ (fino alla fusione) le tre lettere che compongono quell’ <ivi>, quel momento conviviale e di simposio in cui due elementi antropomorfi si fronteggiano in un abbraccio ideale attorno alla lettera “v”, di vitis vinifera, di vino, di vita. Si è poi posto l’accento sull’accento (non è un gioco di parole) finendo per decretare – paradossalmente – la definitiva sparizione di quest’ultimo (à) e la sua trasformazione in un simbolo a forma di spirale dal valore sinestetico. La spirale è una forma geometrica ma al contempo generativa, aperta: a partire da un punto è possibile generare un intero universo, di fatto, di senso e di stupore. Tale ‘innesto grafico’ ripropone visivamente la gestualità tipica del volteggio nel bicchiere, ma anche del semplice acquisire forma da parte di un liquido in un recipiente, e intende sprigionare l’ampiezza dei profumi, la forza del colore, la lettura in retrospettiva. La spirale, come ogni simbolo fondativo, innesca infiniti rimandi e finisce per alludere anche alla fase di transizione che oggi investe la smaterializzazione e la digitalizzazione del mondo. In nome di quest’ultima la civiltà si fa “civilta” sacrificando le sue originarie motivazioni timbriche e tonali e acquisendo quella giusta leggerezza che le permette di pensare al futuro e di interagire con i nuovi linguaggi della rete e dei suoi diktat (www.civiltadelbere.com).

Antonella Giardina

Art director

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