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La seppia veste in bianco e nero

20 Novembre 2018 Maria Cristina Beretta
Le carni candide del mollusco richiedono cotture omogenee (al vapore, alla griglia, eccetera), mentre l’inchiostro può essere usato per le salse. Le nuove tecniche permettono agli chef di sbizzarrirsi con la fantasia.
La famiglia dei molluschi cefalopodi, a cui appartiene la seppia, non ha i fasci muscolari come i pesci ma è fatta di connettivo, costituito da fibre e collagene. L’animale ha consistenza gommosa e compatta. Queste caratteristiche, che in passato comportavano lunghe cotture, oggi, con le ultime tecnologie in cucina, permettono di lavorarla in molti modi, persino di ridurla a un fazzoletto sottile.

Sdoganata da Gualtiero Marchesi

Altra particolarità della seppia è il sacchettino del nero o inchiostro, che serve all’animale per confondere i nemici. Il liquido contenuto era utilizzato per scrivere, ed esiste nella gamma dei colori la tonalità nero di seppia, intenso e profondo. Tanto intenso e profondo che bisogna essere cauti nel togliere il sacchettino dalle viscere per evitare di macchiarsi. Uno dei primi a sdoganare la seppia dalle classiche cotture con i piselli, alla griglia o ripiena è stato Gualtiero Marchesi, che ha giocato sul contrasto del bianco del corpo con il nero realizzando una ricetta semplicissima. La seppia, cotta in acqua e vino bianco, veniva appoggiata con i suoi tentacoli su una salsa preparata con il nero e acqua, e montata con poco burro.

Cottura veloce e dimensioni grandi per ottimi risultati

Fondamentali per la cottura sono le dimensioni e il tempo. Bastano pochi minuti se si cucina al vapore o in padella, il tempo che il tessuto da bianco trasparente diventi bianco opaco: dopodiché il connettivo si indurisce e la cottura deve continuare per una mezz’ora e più. In molti ritengono che gli esemplari più grandi, che pesano attorno ai 500 grammi, siano i più teneri. Più la carne è spessa e più occorre fare attenzione per ottenere una cottura omogenea. Funziona bene il taglio alla giapponese che prevede incisioni trasversali, creando un reticolo di piccoli rombi.

È cugina del calamaro, ma non esistono gli anelli di seppia

Diversamente dai suoi cugini calamaro, totano, polpo e moscardino, la seppia ha una conchiglia calcarea interna saldamente ancorata alla pelle del dorso. Eliminando pelle e conchiglia il corpo si apre a metà, ecco perché non esistono gli anelli di seppia. Chi le ama ripiene, deve chiuderle anche sul fianco. Chi le preferisce crude, dopo averle pulite, dovrebbe congelarle per 24 ore, per debellare eventuali parassiti del mare. Il gusto tendenzialmente dolce della seppia non accetta forti contrasti negli abbinamenti: da un lato si ricerca un tocco di freschezza, come agrumi e pomodoro, dall’altro è ottimo un sostegno di note grasse.
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