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La partita dell’Italia in Cina è ancora tutta da giocare

15 Luglio 2019 Monica Sommacampagna
La partita dell’Italia in Cina è ancora tutta da giocare
紫禁城的角楼,中国北京 (Corner Tower of Forbidden City in Beijing, China)

Che cosa sta succedendo alla Cina, che quest’anno ha visto crollare le importazioni di vino dall’Europa? Cambiano i gusti o, piuttosto, assistiamo all’effetto negativo dei contrasti a livello commerciale con gli Stati Uniti?

Qualche spunto illuminante per comprendere le dinamiche di uno dei mercati di maggiore interesse del momento ci giunge da un focus Nomisma Wine Monitor pubblicato l’8 luglio 2019.

Un chiarimento: export in crescita o in calo?

Secondo le ultime rilevazioni di Istat rilasciate il 16 luglio, l’export di vino italiano verso la Cina è in forte crescita nel primo quadrimestre di quest’anno (+7,9% in valore, 40,8 milioni di euro), mentre le dogane cinesi indicano un calo del -14,4% e un controvalore a 48,1 milioni di euro. Come ha rilevato la società di comunicazione Ispropress, “prosegue la babele di numeri nel mondo del vino: due pesi e due misure diverse su uno stesso prodotto nei medesimi mercati, in cui risalta il caso-Dragone ma non solo. Le esportazioni verso il Canada, per esempio, sono segnalate in perdita da Istat (-0,3%) ma in ottima salute per le dogane (+6,2%)”. La confusione deriva da un diverso metodo di rilevazione: Istat tiene conto dell’export verso la prima destinazione estera, senza perciò considerare le triangolazioni delle merci in transito, mentre le dogane determinano la provenienza delle merci sulla base dell’origine.

Sulle importazioni pesano dazi e guerre commerciali

La riduzione dell’import di vino in Cina non è un fenomeno nuovo: l’anno scorso aveva segnato -2% a valore e -8% a volume, fino a raggiungere decrementi di -14% in valore e -18% in quantità nei primi cinque mesi del 2019. La diminuzione risulta pesante per i francesi (-31,5% a valore), gli spagnoli (-16,9%) e gli italiani (-12,5%) che sono gravati da dazi, mentre gli australiani e i cileni, invece, che possono entrare in Cina senza oneri, crescono rispettivamente del 4,8% e 8,4%.

Il fenomeno Australia

Non passa inosservato il fatto che l’Australia superi i 306 milioni di euro, contro i 271 della Francia e vanti una quota di ricavi del 40% da vini importati in Cina, mentre i vini statunitensi, nell’occhio del ciclone per la guerra commerciale a Oriente, risentono di un pesante -54%. «Il sorpasso australiano ai danni della Francia può anche essere interpretato come un un segno di maturità e maggior consapevolezza negli acquisti dei cinesi, non più dettati solo dalla ricerca di status e notorietà, ma di qualità al giusto prezzo. E, in questo caso, il vino italiano può giocare la sua partita, a patto di farsi conoscere dal consumatore cinese», ha spiegato Denis Pantini, responsabile Nomisma Wine Monitor.

Quote import in Cina per origine.

Fonte: Nomisma Wine Monitor su dati doganali

In Cina crescono gli spumanti italiani

A risentire del calo sono stati i vini fermi francesi imbottigliati, circa il 9% del totale, diminuiti a valore di quasi il -34%, diversamente dagli Champagne, che sono invece cresciuti di oltre il +24%. Un trend confermato anche dall’Italia, dal momento che gli acquisti a valore di vini fermi sono calati del -15%, mentre quelli degli spumanti sono aumentati del +5%.

Altri mercati per  il vino italiano

Su altri fronti, crescono di quasi il +10% a valore le importazioni di vini dall’Italia in Giappone, del +2% in Usa, Svizzera e Norvegia e del +1% in Canada, mentre il +18% della Corea del Sud riveste un peso ancora marginale sulle nostre esportazioni complessive (meno dell’1%). Nel primo quadrimestre 2019 si registra, inoltre, +9% in Russia, + 4% in Francia e + 2% in Regno Unito, mentre in Germania si assiste ad un calo del 2%.

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