La Germania balza in testa alla classifica dei Paesi importatori dei vini italiani - Berlino è il nostro migliore alleato nel superamento della crisi, che ha colpito il settore vinicolo meno di altri - Bene anche la Svizzera e il Nord Europa - Calano invece gli Usa e il Regno Unito, che ha ridotto gli acquisti dei prodotti nostrani addirittura di un -10% - In flessione anche Canada, Giappone e Russia
Dopo la grande fatica che ha caratterizzato per tutto l’anno i trend esportativi del food and drink nazionale, la chiusura del 2009 ha delineato i primi profili di recupero. Il consuntivo export dell’industria alimentare ha raggiunto infatti la quota di 18.871,3 milioni di euro, con una diminuzione del -4,9% sul 2008, inferiore al -5,5% di metà anno e alle discese superiori dei mesi precedenti... [emember_protected]
All’interno dell’industria alimentare, il vino ha mostrato un calo maggiore, ma anche rimbalzi più accentuati. L’export di fine anno dei vini e mosti ha raggiunto infatti la quota di 3.604,9 milioni di euro, che significa un decremento del -5,8% sull’anno precedente, ma anche un recupero di quasi due punti rispetto al pesante -7,6% di metà anno. Certo, la risalita di fine 2009 è stata favorita, sia per il grande aggregato alimentare che per il vino, anche dall’effetto “confronto” con i dati dell’ultimo trimestre 2008, che già presentavano andamenti flettenti. Non a caso, l’export dell’industria alimentare ha mostrato nel 4° trimestre 2009, rispetto allo stesso periodo 2008, una discesa contenuta, pari al -1,2%, mentre il vino ha fatto registrare addirittura, in parallelo, un segno positivo (+1,3%).
Va pure detto che il freno alla caduta non è stato indolore. Il valore unitario dell’alimentare esitato all’estero nel 2009, frutto del confronto fra dinamiche in valuta e in quantità, ha perduto mediamente 2,2 punti, mentre quello del vino ha visto un taglio di 6,5 punti. Va sottolineato, infatti, che il vino esportato ha seguito, in quantità, una dinamica opposta a quella in valuta, ed è cresciuto del +4,9%.
È chiaro comunque che i cali dei valori unitari significano erosioni dei margini a parità di prodotto. Ma anche richiesta, da parte dei mercati, di prodotti di target inferiore. Il che comporta, in un modo o nell’altro, margini ridotti: è il valore aggiunto, infatti, che fa capienza per il profitto.
Rimane, in ogni caso, l’evidenza di una tenuta nettamente migliore dell’export del food and drink, rispetto quello complessivo del Paese, il quale ha chiuso il 2009 con un taglio del -21,4%.
Rimane inoltre, specialmente per il vino, una “velocità di uscita” dal 2009 incoraggiante, che lascia bene sperare per una intonazione migliore del 2010. E questo, anche se i Paesi che tireranno la ripresa internazionale quest’anno, Cina e India, con tassi di espansione del Pil rispettivamente del +10% e del +8% (onirici per il +0,8% atteso in Italia), rappresentano cifre del tutto simboliche per l’export alimentare italiano e per quello enologico in specie.
Ma bisogna guardare un attimo “dentro” alle tendenze 2009. Va detto subito che il segreto del calo abbastanza limitato dell’export enologico del Paese sta in gran parte nella tenuta sostanziale del mercato tedesco. Esso, dopo aver registrato un segno positivo nel primo semestre (+3,3%) si è stabilizzato attorno al -0,1% a consuntivo, per coprire infine una quota del 22,4% dell’export nazionale 2009 di vini e mosti.
L’anno comunque non è passato indenne: la geografia dell’export enologico è cambiata, e la Germania ha sorpassato gli Usa nel ruolo di mercato leader. Va pure sottolineato che sulla discreta tenuta del trend complessivo di settore hanno influito, nella seconda parte dell’anno, le risalite di alcuni sbocchi importanti del vino nazionale. A cominciare da quella del “grande malato”, il mercato nord-americano. Gli Usa hanno chiuso il 2009 infatti con un -6,9%, ovvero con un ampio dimezzamento delle perdite su cui veleggiavano a metà anno (-14,9%). Mentre il Canada ha chiuso con un -5,3%, dopo il -7,9% del 1° semestre.
Ma un buon passo ha mostrato anche la Svizzera, quarto mercato del vino nazionale, che ha chiuso in positivo (+1,1%) dopo avere segnato un -6,8% a metà anno. Va detto, anzi, che il segno positivo della Svizzera, in un anno difficile come il 2009, non è stato isolato. Molti mercati del Nord Europa hanno mostrato segni “più”. A cominciare dalla Norvegia, che ha registrato addirittura un +15,7%, per proseguire con la Danimarca (+1%), la Svezia (+1,2%) e il Belgio (+0,3%).
Ma si parlava di risalite. Il Giappone ha chiuso con un -5%, dopo il -8,9% di gennaio-giugno. Mentre la Russia, dopo il forte taglio di metà anno (-22,4%), ha chiuso con un -7,9%.
Flop, invece, per un cliente promettente come la Spagna, con un consuntivo del -45,9%, in ulteriore peggioramento rispetto al dato di metà anno (-33,8%). Andamenti in controtendenza, ovvero in peggioramento, anche in Francia, che dopo il brillante +13,1% del semestre ha chiuso con un -2,3%, e nei Paesi Bassi che, dopo il +4,8% dei primi sei mesi, hanno chiuso con un -5%. Il terzo cliente del vino italiano, il Regno Unito, ha veleggiato invece per tutto l’anno attorno al -10% e ha chiuso infine con un -10,4%.
Qualche considerazione, infine, a livello di prodotti. Secondo quanto si accennava all’inizio, la qualità, in tempo di crisi, fatica ad affermarsi. Così l’export 2009 di vini bianchi Vqprd è calato del -12,8% in valuta e del -9% in quantità, accusando un’evidente erosione dei valori unitari medi. Mentre i rossi Vqprd sono diminuiti del -6,9% in valuta e del -2,4% in quantità, con una discesa analoga dei propri prezzi unitari.
Riduzione dei valori esportati anche per i bianchi non Vqprd (-4,5%) e per i vini aromatizzati (-11,6%). Leggero aumento invece per i rossi non Vqprd (+1,9%). Tutti e tre i segmenti hanno registrato cali, comunque, dei rispettivi valori unitari. Qualche eccezione tuttavia c’è stata, e ha riguardato gli spumanti e i vini frizzanti. Che sono cresciuti rispettivamente del +2% e del +8,6% in valuta. E lo hanno fatto – quel che conta – mantenendo lo stesso passo anche in quantità, riuscendo quindi a “tenere” i rispettivi prezzi.[/emember_protected]