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La Norvegia chiede vini d’alta gamma

27 Settembre 2018 Civiltà del bere
L'Italia del vino è primo partner commerciale della Norvegia, ma deve farsi valere sul fronte dei fine wines. Cresce la domanda di spumanti, ma le occasioni di crescita sono su più fronti.
Il mercato scandinavo resta al centro degli interessi del vino italiano. La tassa sulle bevande alcoliche introdotta nel 2015 non ha avuto un'incidenza a lungo termine sul consumo dei prodotti enologici, che presto è tornato a crescere: nel 2017 si attesta a circa 14 litri pro capite (17 considerando la popolazione da 15 anni in su). La terza edizione di Simply Italian Great Wines Norway (organizzata lunedì 24 settembre a Oslo da Iem - International Exhibition Management) è l'occasione giusta per fare il punto su questo mercato chiave.

Alto reddito, consumatori esigenti

«La Norvegia è tra le nazioni con il più alto reddito pro-capite in Europa», spiega Marina Nedic, managing director di Iem. «L’elevato potere d’acquisto della popolazione e la domanda di prodotti a maggior valore aggiunto la rendono un mercato di forte interesse per il made in Italy vinicolo». Non c’è concorrenza interna: il vino consumato in Norvegia è d’importazione. E le opportunità commerciali sono notevoli, nonostante le dimensioni ridotte: il giro d’affari dell’import nel 2017 è stato di 355,3 milioni di euro (+0,6% rispetto al 2016) per 397 mila ettolitri, con un incremento del prezzo medio del +3,7% (4,21 euro al litro).

Chi domina l'export vino in Norvegia

L’Italia domina la classifica dei partner commerciali della Norvegia, con 120 milioni di euro per quasi 274 mila ettolitri nel 2017: oltre un terzo del comparto complessivo. La Francia è l’unico vero competitor (107,3 milioni di euro per 160 mila ettolitri), mentre il resto dei Paesi si attesta su valori molto inferiori: Spagna (34 milioni di euro), Germania (26,5 milioni di euro) e Stati Uniti (12,5 milioni di euro) completano la top five dei principali esportatori.

Il monopolio statale Vinmonopolet

In Norvegia circa l’80% del mercato delle bevande alcoliche è controllato dal monopolio statale, Vinmonopolet, che gestisce anche negozi specializzati per la vendita al dettaglio. È quindi fondamentale per le aziende produttrici italiane creare solide relazioni commerciali con gli importatori dotati di licenza rilasciata dal monopolio.

Fine wines e bollicine: i trend del momento

«Il Bel Paese deve farsi valere sul fronte dei fine wines: il consumatore scandinavo - sempre più evoluto ed esigente - è disposto a spendere per bottiglie d’alto livello», commenta Marina Nedic. «Le opportunità di crescita per le nostre produzioni d’alta qualità sono su più fronti». Infatti i wine lover scandinavi, pur prediligendo ancora i vini fermi (circa il 64% delle vendite in quantità), subiscono sempre più il fascino delle bollicine. L’import di spumanti è in pieno sviluppo (+2,8% in valore e +2,6% in quantità nel 2017) e galoppa il trend tutto italiano del Prosecco (+7,6%). Fra i vini italiani a denominazione, segnaliamo anche la rimonta dei rossi piemontesi (15 milioni di euro, +15,2%) e dei bianchi veneti (2,5 milioni di euro, +24,9%).

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