Scienze

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La mineralità nel vino è ineffabile come il jazz

27 Maggio 2016 Civiltà del bere

di Luciano Ferraro

divini@corriere.it

  Al ristorante dell’hotel Armani di Milano, davanti alle bottiglie di tutte le 20 vendemmie di Siepi (il vino identitario di Mazzei) c’è il sommelier Luca Gardini. Elogia la tenuta dell’annata 1992, risolve i dubbi sulla 1996, timida e chiusa, ma esplosiva dopo qualche attesa. E lancia l’ultima provocazione, sbeffeggiando una delle parole ricorrenti delle degustazioni dell’ultimo decennio. La mineralità nel vino. «Ma non esiste», si sbraccia, «lo dico da quando lavoravo all’Enoteca Pinchiorri, è una sensazione tattile e basta». Nessuno replica. Resta la curiosità: esiste qualche studio scientico sulla mineralità nel vino?

Cosa dice la scienza sulla mineralità nel vino

Se ne sono interessati sia studiosi di viticoltura, sia di geologia. Alcuni sono citati in un articolo del 2012 di Pw, Practical Winery & Vineyard Journal, firmato da Jordan Roos, professore di Enologia all’Università della California. Altri da Harvey Steiman di Wine Spectator in una serie di articoli che aveva come scopo la risposta alla domanda: “Che cos’è, esattamente, la mineralità?”. Per Roos è impossibile non usare questo termine quando si parla di vini della Loira e della Borgogna, oppure dei Riesling dell’Alsazia e della Germania, o ancora dei rossi catalani di Priorat. C’è un rapporto tra i minerali nel vigneto e il sapore minerale nel vino? La risposta del geologo Alex Maltman dell’Università del Galles è no, «non c’è connessione diretta». Perché? Perché sodio, potassio e gli altri elementi della terra si trovano nel vino a concentrazioni troppo basse, 0,2%, per poterne avvertire la presenza al palato. E fa l’esempio del rame: per scoprirli un degustatore dovrebbe bere un bicchiere con una concentrazione fino a duemila volte superiore alla quantità media attuale. Eppure non c’è enoappassionato che non abbia sentito almeno una volta dire che questo o quel vino ricorda l’odore delle rocce dopo una pioggia (d’estate, qualcuno aggiunge).

La roccia bagnata non ha odore

Sembra incredibile, ma mezzo secolo fa due scienziati australiani si sono dedicati proprio a questo, identificare l’odore delle rocce dopo la pioggia. Sono J. Bear e R. G. Thomas. Il risultato è che le rocce non hanno odore, quello che si sente quando piove viene dalle piante attorno alle rocce, è la vita vegetale a profumare o puzzare, non le rocce. Quindi nessuna certezza scientica, a sentire Roos, non esistono molecole minerali che danno sapore e odore. Eppure la parola mineralità si è imposta in tutto il mondo. Se pronunciata da un degustatore, indica un vino che esprime il territorio da cui viene, grazie all’abilità del vignaiolo. Una caratteristica di qualità. Bisognerebbe però mettersi d’accordo sul significato della mineralità nel vino, ma una definizione condivisa difficilmente si potrà trovare, perché la mineralità è una sensazione, un concetto astratto, una delle forzature immaginifiche di cui è pieno il vocabolario del vino.

Louis Armstrong, il jazz e la mineralità

La rivista European Sensory Science Society ha pubblicato l’anno scorso uno studio sulla mineralità percepita nei Sauvignon, frutto del lavoro di due gruppi di scienziati, quelli della Lincoln University di Christchurch in Nuova Zelanda e quelli dell’Università di Digione. È stata organizzata una maxi degustazione di cento Sauvignon blanc, con 32 professionisti francesi del vino e 31 neozelandesi. Il test ha dimostrato che la sensazione di mineralità, scientifica o no, è entrata a far pare degli strumenti degustativi del nuovo e del vecchio mondo del vino. I due gruppi hanno definito minerali, o più minerali, gli stessi vini. Alla fine delle sue riflessioni il critico di Wine Spectator risponde alla domanda iniziale: la mineralità è un sapore che ricorda rocce, pietre, sassi e forse anche metalli, anche se non c’è trasmissione diretta tra i minerali del terreno e il vino. Il commento migliore è quello di un lettore della rivista: definire la mineralità è come definire il jazz. Louis Armstrong direbbe: “Amico, se lo devi chiedere, non lo saprai mai”.

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