Dal suo osservatorio privilegiato, il giornalista del New York Times Eric Asimov ha notato un fenomeno che si sta diffondendo nei ristoranti della Grande Mela e non solo: la wine list è diventata sempre più snella. L’approfondimento sul tema a partire dagli articoli usciti sulla stampa estera.
Per approfondimenti: The New York Times, Financial Times, Randy Caparoso e VinePair
Addio a pagine e pagine di elenchi, a quelle che in molti chiamano “Bibbie del vino” ma che, secondo alcuni, metterebbero in soggezione i consumatori. Poche bottiglie, uno stile chiaro e un approccio flessibile e amichevole: sarebbe questa la chiave più indicata per presentare ai clienti i propri vini.
Un fenomeno post Covid? Sì, ma non solo
“Da quando le sale dei ristoranti hanno iniziato a riaprire dopo le chiusure dovute alla pandemia, ho notato sempre più carte dei vini relativamente brevi, alcune con appena 30 bottiglie, altre fino a 300, anche se presentate in un formato facilmente digeribile”, scrive il giornalista del New York Times Eric Asimov. Che continua: “Inizialmente ho pensato che queste liste sintetiche rappresentassero una conseguenza diretta della pandemia. Molti ristoranti che sono stati costretti a chiudere nel 2020 hanno venduto tutta o parte della loro cantina per sopravvivere e quando hanno riaperto ho immaginato che mantenessero le loro proposte scarne a causa della fragile economia del periodo” (The New York Times).
Le nuove liste con meno di 200 etichette
“Ma con il passare della pandemia, ho notato carte più brevi e intelligenti”, scrive ancora l’esperto newyorkese, tessendo in questo modo le lodi di un nuovo fenomeno che renderebbe più agile, informale e meno complicato l’approccio al vino da parte dei commensali. Anche il Financial Times ha fatto un elogio a una selezione di etichette più asciutta, prima di tutto chiarendo che cosa si intende per “breve”: i premi internazionali Star Wine List classificano tutto ciò che ha meno di 200 etichette come una carta breve.
I vantaggi: agilità, accessibilità, nuove opportunità
Intervistati da Asimov, i sommelier di alcuni tra i ristoranti più in voga di New York e Los Angeles hanno dichiarato di preferire una selezione di etichette semplice e sintetica sia dal punto di vista dell’organizzazione interna, sia per il cliente. Rachael Davis, responsabile vini per un gruppo di ristoranti californiani, ha spiegato di avere a disposizione una gran quantità divini nelle proprie cantine, ma di limitare le sue liste a 60 o 70 bottiglie alla volta per facilitare l’accessibilità e la rotazione dei vini. Inoltre, nel tentativo di coinvolgere più facilmente i commensali, la lista delle etichette è stampata sul retro di ogni menu in modo che tutti possano consultarla. “Una piccola cantina è molto più agile”, afferma. Per Nikita Malhotra, sommelier a New York, le carte più brevi invogliano a provare cose nuove; mentre: “quando hai un lungo elenco, sceglierai sempre qualcosa che già conosci”.
E l’efficienza economica
La principale ragione per adottare una carta dei vini più essenziale rimane comunque l’efficienza in termini di costi e di tempo. Un inventario di vini troppo ampio richiede molte spese, anche di stoccaggio e nella formazione del personale, risultando anche uno spreco di risorse. In una lista con poche decine di vini è, inoltre, possibile includere consigli di abbinamento, descrizioni e storie su ciascun vino senza che il personale debba intervenire: “Devo ancora incontrare un consumatore di vino che non preferisca una lista dei vini che comunica qualcosa rispetto a quelle che non forniscono alcuna guida”, spiega sul suo blog Randy Caparoso, che da quasi trent’anni si dedica alla gestione del vino nei ristoranti, aggiungendo: “Più breve è la lista, più facile è per tutti e maggiore è la flessibilità necessaria per mantenerla varia, emozionante e accurata, (…) oltre che adatta ai gusti sempre in evoluzione”.
Un esempio particolare
Nikita Malhotra lavora per Smithereens, un nuovo ristorante nell’East Village: delle sue 62 etichette, più della metà, 32, sono Riesling, poi si contano altri 29 vini bianchi e un solo rosso, un Pinot nero tedesco. “Qualcuno potrebbe criticare una carta del genere, ma io la adoro. Raramente vedo una lista dei vini di tale carattere”, scrive Asimov. Ma Nikita Malhotra non ha nulla contro i vini rossi: in primavera sta pianificando di invertire la dinamica componendo una selezione che presenti tutti rossi e un solo bianco: “Con una carta del vino più breve puoi fare scelte del genere. E poi hai la libertà di cambiarla”, conclude.
Le parole dell’esperto
Non tutte le carte devono essere provocatorie come la lista di Smithereens, ma per Randy Caparoso è bene che la selezione sia sempre incisiva e scelta per trasmettere il carattere e lo stile del ristorante. “Le persone possono comprendere il nostro punto di vista senza perdere tempo a filtrare una lista di vini significativa”, ha detto Grant Reynolds, proprietario di Parcelle Wine Bars con due sedi a New York, dove gli ospiti ricevono una lista di circa 30 bottiglie con una nota in fondo che indica la disponibilità di una selezione molto più ampia se interessati: è questo un modo utile per sopravvivere senza sommelier dedicati. “È impossibile per i nostri camerieri conoscere ogni vino in una lista enorme, ma qualsiasi etichetta ci sia nella lista di 30 bottiglie, tutti la devono conoscere”, conclude.
I lati negativi
Diverso è, infine, il punto di vista trattato nel podcast di VinePair con una puntata intitolata “Le liste dei vini più corte non sono una panacea”. Secondo quanto trapelato durante la conversazione tra esperti sommelier, i ristoranti potrebbero, in effetti, non intasare la cantina con bottiglie impolverate, ma ciò va a discapito del resto del mondo del vino. Prima di tutto una carta dei vini troppo essenziale può sembrare poco curata e non soddisfare la curiosità del cliente e poi potrebbe rischiare di intimidirlo ulteriormente per via di una mancanza di scelte, anche a livello economico. Una carta dei vini sintetica, ma con prezzi troppo alti non avvicina il consumatore. Inoltre, tutto il settore – dalle cantine ai rivenditori – sul lungo periodo ne risentirà.
Foto di apertura: © A. Chen – Unsplash