Il vino? Ai bambini. Dove? In Franciacorta. Oggi l’alcol ai minori è un tabù, mamme preoccupate e medici intransigenti sono seguaci della teoria dell’alcol zero. La Francia ha però evitato che assieme al consumo sparisse anche la storia del vino. E qualcosa si sta muovendo anche in Italia.
La mia generazione è cresciuta con il permesso di immergere il dito nel bicchiere prima ancora di aprire il sussidiario. A casa dei nonni ogni domenica si imbandivano lunghe tavolate nella sala riscaldata da una stufa che serviva anche per cucinare sul fuoco o nel forno. Il vino, un Raboso che tingeva le scodelle o un Tocai ruvido, veniva fatto assaggiare ai più piccoli, qualche goccia raccolta dal bicchiere degli zii. Ai più grandi era concesso macchiare l’acqua con il rosso.
Veronelli docet
Luigi Veronelli ha raccontato di aver assaggiato il vino il giorno della prima comunione. Il padre gli disse: «Ora che sei uomo puoi bere», invitando però prima a guardare il colore, poi a sentire il profumo, per cogliere la fatica contadina dietro a ogni bicchiere. Uno dei grandi dello Champagne, Bruno Paillard, con i nipotini si comporta come facevano i suoi genitori, lasciando libertà di micro incursioni nel bicchiere.
Il rischio di un approccio talebano
Ora l’alcol ai minori è un tabù, mamme preoccupate e medici intransigenti sono seguaci della teoria dell’alcol zero, sostenuta nell’agosto scorso sulla rivista scientifica inglese Lancet (ma anche scienziati come Alberto Mantovani rifiutano l’approccio talebano: “Continuerò a bere un bicchiere di rosso a tavola con gli amici, apprezzando la qualità dei nostri vitigni, unici al mondo”, ha scritto sul Corriere della Sera).
Il vino che ammazza i vermi e fa crescere
Un secolo fa, nella cultura contadina, il vino era “la medicina dei poveri”. “La più sana e igienica delle bevande”, per il chimico francese Louis Pasteur. Aveva scoperto, conquistando il Grand Prix all’Expo del 1867, che riscaldando il vino a 56 gradi si sterminavano i microbi. I francesi erano convinti che l’acqua fosse potenzialmente più nociva: fino ai primi anni Cinquanta infilavano nelle cartelle dei figli una piccola bottiglia di vino tra i libri, “ammazza i vermi, e fa crescere”.
1954: in Francia il latte sostituisce il vino nelle mense scolastiche
Come ha raccontato lo storico Didier Nourrisson su Allodocteurs, il magazine di France 5, canale culturale della tv pubblica: solo nel 1954 il ministro Pierre Mendès France riuscì a vietare il vino nelle mense scolastiche, imponendo un bicchiere di latte ad ogni alunno. E sono trascorsi altri 55 anni perché il divieto di vendere alcol ai minori francesi diventasse legge.
A Bordeaux i bambini studiano tra le vigne
La Francia ha però evitato che assieme al consumo sparisse anche la storia del vino, quell’intreccio tra uva, religione e spirito dionisiaco che accompagna l’umanità da millenni. A Bordeaux, ad esempio, i ragazzini vengono portati tra le vigne, con un testo su misura, il Mon cahier des vignes, il sussidiario del vino, per capire come crescono le viti, di cosa è composta la terra, qual è il clima migliore per l’uva.
Anche in Italia si prova a promuovere la cultura del vino
In Italia ci ha provato il senatore pugliese Dario Stefàno, chiedendo di introdurre nelle scuole dell’obbligo un’ora a settimana dedicata alla storia e alla civiltà del vino “per raccontare il suo ruolo nel Paese”. Sostenuta dagli enologi di Riccardo Cotarella, da Unione italiana vini e da Federvini, la proposta giace in qualche cassetto. Messa all’angolo anche da chi è convinto – come gli onorevoli del gruppo interparlamentare sul vino promosso a settembre dal deputato-vignaiolo Renato Brunetta – che più si fa conoscere la storia della bevanda, meno si favorisce lo stordimento delle nuove generazioni con shottini superalcolici da spararsi in gola uno dopo l’altro.
In Franciacorta tra i filari per riscoprire la tradizione
Ora qualcosa si muove, in Franciacorta. Come in Francia, i bambini delle scuole vengono portati tra le vigne e in cantina con i loro insegnanti. Ne ha parlato Cristina Ziliani, della famiglia al vertice di Berlucchi, alla Milano Wine Week di ottobre. «I ragazzi non sono consapevoli dell’importanza della cultura del vino. A volte nemmeno i loro genitori, che in qualche caso guardano ai filari come fonte di possibile inquinamento. Invece l’agricoltura, la vendemmia, le Cantine fanno parte delle nostre tradizioni, hanno accompagnato le nostre famiglie, ed è sacrosanto che questa cultura popolare non venga smarrita».
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 6/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com