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Il vino italiano alla prova dei nuovi consumi

1 Maggio 2024 Matteo Forlì
Il vino italiano alla prova dei nuovi consumi

Con 16 miliardi di fatturato, 74 mila lavoratori impiegati e un valore aggiunto di 15 miliardi, quello del vino è un settore strategico per il Sistema Paese. Ma deve confrontarsi con nuovi trend, come i no e low alcol. I numeri di Federvini in una tavola rotonda a Vinitaly.

Il bicchiere del vino italiano resta più che mezzo pieno: i numeri sorridono, il mercato è stabile, l’export pure e il comparto genera valore per il Sistema Paese. Ma l’orizzonte è sempre disegnato da nuove variabili difficili da ignorare. I gusti dei consumatori cambiano e si affacciano nuovi trend nei consumi. Su tutti, i vini low e no alcol, ripudiati da molti ma apprezzati dalle nuove generazioni, che potrebbero chiedere più spazio sugli scaffali italiani, come del resto stanno già facendo su quelli internazionali.
Il check up dell’Osservatorio Federvini, coi suoi numeri distillati in collaborazione con Nomisma e Tradelab e presentati durante la 56esima edizione di Vinitaly, ha misurato i valori vitali del settore e immaginato cosa lo attende nel futuro.

Quasi 15 miliardi di valore aggiunto per il Paese

L’Italia del vino fattura 16 miliardi di euro, la metà dei quali realizzati sui mercati internazionali, occupa 74 mila lavoratori e genera un valore aggiunto sul Sistema Paese pari a 14,8 miliardi attivando diverse filiere con un effetto moltiplicatore di 4,1: per ogni euro di valore realizzato dalle imprese vitivinicole si ricavano 4 euro a vantaggio dell’economia nazionale.
«Il settore vinicolo è uno dei comparti trainanti del made in Italy. Comprende 240 mila aziende vitivinicole e 38 mila imprese di trasformazione, realizza il 9% del fatturato di tutto il food & beverage italiano ed è tra i pochi comparti dell’agroalimentare che genera un surplus positivo sulla bilancia commerciale», ha commentato Emanuele Di Faustino, responsabile industria, retail e servizi di Nomisma.

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