Il crescente appeal di questa tipologia ha portato alla nascita di un concorso ad hoc, organizzato dal John Szabo, MS insieme a Joshua Greene e Corey Warren della testata Wine&Spirits Magazine. Ottima performance per la produzione italiana, etnea in particolare.
Per approfondimenti: Wine&Spirits Magazine
I vini vulcanici godono di un prestigio internazionale grazie al loro carattere peculiare derivante da condizioni geologiche distintive che si possono riscontrare in diversi punti della superficie terrestre. La crescente attenzione verso questa tipologia ha portato alla creazione di un vero e proprio movimento e di un ente – Volcanic Wines International (VWI)- per lo studio e la promozione delle produzioni enologiche accomunate dall’origine lavica. E, infine, di un concorso, il Volcanic Wine Awards, la cui prima edizione ha visto il trionfo di etichette italiane e, in particolare, di vini provenienti dalle pendici dell’Etna.
La rilevanza dei suoli vulcanici
Il concorso organizzato da John Szabo, MS insieme a Joshua Greene e Corey Warren di Wine&Spirits Magazine ha esaminato etichette provenienti da suoli originati “interamente, o prevalentemente, da materiale vulcanico”. Per i geologi solo i terreni derivati dal magma fuoriuscito sulla superficie terrestre sono considerati vulcanici, mentre il granito, che è una roccia composta da magma raffreddato sotto la crosta terrestre, tecnicamente non lo è. I vini esaminati da parte di una giuria di sommelier, enologi, giornalisti e merchants sono stati 186, divisi in diversi panel in base alle regioni di provenienza.
L’Italia il migliore (e maggiore) rappresentante della categoria
Grazie alla grande partecipazione di vini provenienti dall’area dell’Etna, l’Italia ha conquistato i degustatori del concorso. “Nel complesso questi vini si sono brillantemente distinti per il loro carattere vulcanico”, scrive nel resoconto della degustazione Szabo. Che continua: “I bianchi, per la maggior parte a base di uve Carricante, hanno presentato la classica natura vulcanica fruttata e minerale del terroir dell’Etna. Tra i rossi a base di Nerello Mascalese si percepivano i frutti rossi, un tono fumé e un quadro di erbe. Il resto d’Italia, invece, con vini provenienti da aree come il Soave, e da regioni come la Campania e la Basilicata, è stato giudicato in modo più eterogeneo anche per via della natura mista dei suoli, dove i terreni vulcanici spesso si mescolano con molti altri substrati”.
Tasca d’Almerita al vertice
Tra i vini etnei che si sono particolarmente distinti si trova Contrada Sciaranuova Vigna Vecchia Etna Rosso Doc 2017 – Tenuta Tascante, che si è aggiudicato la menzione speciale di Chairman’s Award, in compagnia di Contrada C, Terre Siciliane Igp 2021, Passopisciaro). Tasca d’Almerita viene in questo modo premiata per un percorso di ricerca e rigenerazione di antichi vigneti etnei – con ceppi fino a 90 anni – iniziato oltre 15 anni fa da Alberto Tasca. Secondo i degustatori si è trattato di un vino “per cui è valsa la pena aspettare”. Il sommelier Harrison Spelman è rimasto colpito dalla “freschezza dei suoi frutti di bosco e dai tannini penetranti”, mentre il giornalista di Wine&Spirits Joshua Greene ha sottolineato come “l’integrazione tra frutta e tannino conservi una chiara espressione vulcanica”.
I partecipanti dal resto del mondo
L’arcipelago delle Isole Azzorre ha proposto i bianchi vulcanici dal profilo più facilmente riconoscibile “dall’inconfondibile salinità, grinta e mineralità”, scrive ancora John Szabo, che evidenzia come siano stati particolarmente apprezzati i vini provenienti dall’isola di Pico, dove la produzione di vino è affidata a una manciata di piccoli produttori. Anche l’isola greca di Santorini, a lungo lodata per le sue inimitabili espressioni vulcaniche, non ha deluso. Poco rappresentati, ma ben valutati anche i Tokaj ungheresi. Altri partecipanti al concorso provenivano dalla Costa occidentale degli Usa – ovvero da piccole zone delle contee di Napa e Sonoma in cui si producono Cabernet scuri e sontuosi e dalla Willamette Valley dell’Oregon con il suo Pinot nero saporito e setoso – e dal Cile. Di quest’ultimo l’organizzatore si stupisce di come “i suoi terroir vulcanici rimangano in gran parte inesplorati, ma qualcosa si sta lentamente muovendo”.
Un lavoro di promozione ancora in divenire
Il concorso, seppur di interesse e di rilevanza internazionale, è stato ampiamente narrato dalla testata giornalistica Wine&Spirits, magazine partner del concorso, ma non ha al momento avuto grande riscontro su altre riviste della stampa estera. Significa, dunque, che il lavoro dell’ente VWI per il riconoscimento delle peculiarità dei vini vulcanici, è ancora in divenire. Nel frattempo, anche il progetto Heva – Heroes of Europe Volcanic Agriculture, che si occupa della promozione dell’unicità del terroir vulcanico nelle denominazioni europee, ha segnalato un bilancio positivo per le attività di promozione svolte nel primo semestre 2024. La campagna vede il coinvolgimento di Italia e Grecia e, in particolare, dei consorzi vinicoli del Soave, del Lessini Durello, della cooperativa greca Union of Santorini Cooperatives-Santo Wines e del Consorzio veneto del formaggio Monte Veronese.
Foto di apertura: © l’eruzione dell’Etna – S. Appel su Unsplash