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Il romanzo storico diventa uno strumento di marketing

25 Ottobre 2019 Luciano Ferraro
Il romanzo storico diventa uno strumento di marketing
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Nell’estate 2019, un caso letterario ha agitato le case editrici: I leoni di Sicilia, scritto da Stefania Auci e pubblicato da Nord (che non può certo competere con giganti come Mondadori) si è piazzato per settimane e settimane in vetta alle classifiche dei romanzi più venduti.

Si intitola I leoni di Sicilia e racconta la saga di una famiglia che ha avuto molto a che fare con il vino, i Florio del Marsala. È un romanzo storico. Presto arriverà la seconda puntata. Per i vignaioli e per chi si occupa di comunicazione nel settore del vino, leggere questo libro è doveroso. E non perché è costato tre anni di faticose ricerche a Stefania Auci, tradotte in pagine piene di ritmo e calore. Bisogna leggerlo per capire gli errori da evitare.

Sono troppi i libri gadget…

In libreria, cercando negli scaffali più bassi, si trovano talvolta giganteschi tomi su aziende storiche del vino. Mega volumi, ricchi di fotografie a doppia pagina, con testi stringati e informazioni limitate. Servono sicuramente a soddisfare il piacere narcisistico di esibire la propria storia. Sono spesso operazioni costose, con effetto nullo a livello di vendite.
Le case editrici che pubblicano questi tomi pesanti chiedono come garanzia all’azienda protagonista, prima di mandare in tipografia le pagine, un acquisto di copie che sia così importante da coprire le spese di stampa e distribuzione. Succede quando l’editore crede che il libro sia più importante per l’azienda che per i lettori. Il librone diventa così un gadget aziendale. Non importa che venda, l’importante è che esista. I libri gadget sono molti, spesso così robusti da far risultare intollerabile il disboscamento necessario alla stampa.

La copertina del libro di Stefania Auci

…e le occasioni perdute

Accanto ai libri gadget ci sono quelli delle occasioni perdute. Si fa presto a sprecare una bella storia. Una delle tante che attraversano le famiglie del vino italiano, piene di personaggi con forza narrativa che farebbe la felicità di uno scrittore che osservi la vita delle campagne, dal Verga in poi. Come avviene lo sperpero? Affidando la scrittura a una persona, spesso un amico, che non possiede i ferri del mestiere. Non basta raccogliere 3 o 4 documenti e ascoltare per qualche ora un vignaiolo. Se il libro non contiene una chiave narrativa, se lo stile della scrittura è povero, se le ricerche d’archivio sono limitate, il risultato è un’agiografia. L’estensione, sotto forma di libro, di un video o di un sito aziendale. È bizzarro che vignaioli scrupolosi, che investono in incontri con la stampa e con i ristoratori, facendosi affiancare dai professionisti delle agenzie di ogni settore, non siano altrettanto attenti alla loro immagine in libreria.

La storia del vino partendo dalla storia di famiglia

Certo, il pubblico dei lettori non è quello numeroso dei social. È una élite, ma è una élite pensante, pronta a farsi affascinare da una storia.
E non c’è miglior molla per avvicinarsi a un prodotto, bottiglie comprese.
Per trovare un libro sul vino in grado di uscire dal circolo chiuso degli eno-appassionati e di conquistare un pubblico più vasto – astemi compresi – bisognare risalire ai tempi di Mario Soldati. Quello di Stefania Auci è un libro che parla di vino in modo laterale, come un capitolo di una teoria imprenditoriale di ascesa e caduta. Perché non è necessario, per raccontare il vino, disquisire di tannini e fermentazioni, di quote di mercato ed export. Lo si può fare, più efficacemente, mettendo assieme fatti e fili narrativi sulla vita di una famiglia.

Altri esempi di successo

Non solo le tappe imprenditoriali, anche le passioni, gli amori, le tragedie, le sconfitte, le scommesse vinte e le delusioni. In ogni vita c’è la rappresentazione della propria era. Ma bisogna saperla raccontare. Come ha fatto ad esempio Natasha Solomons in I Goldbaum, sulla famiglia Rothschild, storia di banche ma anche di vini. Auci per i Florio si è ispirata a La fiera delle vanità di William Thackeray e alla Lehman Trilogy di Stefano Massini. Cari vignaioli, perché non aprite i vostri archivi a chi potrebbe trasformarli in romanzi storici (magari di successo)?

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 5/2019 . Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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