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Il principio della rinascita sta nel senso del limite

22 Gennaio 2021 Luciano Ferraro
Il principio della rinascita sta nel senso del limite

Siamo nel 2021. Il nuovo anno si affaccia tra speranze di rivalsa e l’auspicio di vedere la fine della pandemia globale. Due riflessioni di Luciano Ferraro su come il mondo del vino si trasformerà. Perché una rinascita è necessaria, sotto molti aspetti.

“Ciò che diciamo principio / spesso è la fine, e finire / è cominciare”. Dopo aver sottoscritto l’accordo sulla Brexit, Ursula von der Leyen ha citato questi versi di T.S. Eliot. Più che sulla separazione dalla Gran Bretagna, però, il mondo è concentrato su un’altra fine (desiderabile), quella del Covid-19. Sperando che sia un principio, una rinascita, anche per il pianeta del vino. Intanto, due riflessioni.

Massimo Bottura: la voce degli chef

La prima sul 2020. Perché la voce dei vignaioli si è sentita poco? Ci aspettavamo che i grandi protagonisti si esponessero in prima persona. Quei pochi che vengono definiti gli ambasciatori del made in Italy nel mondo, per la loro capacità di unire vini di alta qualità e narrazione, non hanno seguito l’esempio degli imprenditori di altre categorie. Un esempio? Lo chef Massimo Bottura, tra i più noti cuochi italiani, ha scritto al premier Conte: ha spiegato quanti danni abbia provocato la prolungata chiusura dei ristoranti e quali siano le richieste del settore, dagli aiuti legati al fatturato alla cassa integrazione fino al termine della crisi, fino all’abbassamento dell’aliquota Iva.

Le associazioni: la voce dei produttori

Per il vino, è vero, si sono mobilitate le associazioni di categoria: dall’Unione italiana vini alla Federazione dei vignaioli indipendenti, da Assoenologi a Federvini. È stata ottenuta la promessa di correggere la non centrata misura della distillazione dei vini, riservata solo ai vini comuni. È mancata invece la voce dei produttori conosciuti in tutto il mondo. Il loro messaggio sarebbe arrivato con maggiore forza all’opinione pubblica e avrebbe contribuito a fare pressione sul governo, in modo che venissero decisi provvedimenti concreti e utili ad affrontare le ingenti perdite del settore. 

Il popolo silente del vino

Parafrasando la visione leninista, potremmo notare che se le avanguardie del vino sono rimaste silenti nei loro posti di comando, anche il popolo del vino non è salito sulle barricate. Non si sono viste né clamorose proteste (sul tipo di quelle francesi che nel 2017 sabotarono, sversandolo, il vino spagnolo), né pacati sit-in davanti a Montecitorio o a Palazzo Chigi. In nome della resilienza, molti si sono ritirati nella propria cantina, continuando a lavorare e cercando di far tornare i conti.

Restare uniti nell’era post-Covid

In questi mesi ci siamo aggrappati tutti alle persone più vicine, agli affetti, e al proprio posto di lavoro. La “panacea tecnologica”, come l’ha definita lo scrittore Giovanni Montanaro, ha reso meno duro il distanziamento, popolando le giornate con tanti visi incontrati via Zoom. E alla fine la quarantena è stata meno dura di quella vissuta dai nostri avi in altre pandemie. Qualunque sia il modo in cui tutti dovremmo reinventarci nel 2021 durante e dopo l’era del Covid-19, servirà restare uniti. Più uniti. 

Puntare sui prodotti sostenibili

La seconda considerazione riguarda il 2021. Il futuro del vino è legato alla green economy. È evidente e per capirlo sarebbe sufficiente la coscienza che la terra va coltivata e tutelata, non sfruttata e ammorbata. Se l’etica non viene in aiuto, si pensi al mercato. In ogni settore, dall’industria alla finanza, si punta su prodotti sempre più sostenibili. Il mondo del vino dovrebbe essere in prima fila.

Innovare nella circolarità dolce

“Bisogna stare dentro le lunghe derive della civiltà materiale del produrre il vino, che da sempre ha fatto simbiosi con l’evoluzione umana, e poi immettere innovazione continuata senza stressare la terra, ma innovare nella circolarità dolce di un bene che dalla terra viene, raggiunge il mercato, e alla terra ritorna nella continuità di una agricoltura sostenibile”. Chi l’ha scritto, Jonathan Nossiter, il regista del caustico Mondovino? No, l’autore è il sociologo Aldo Bonomi, l’articolo è stato pubblicato a fine 2020 da Il Sole 24 Ore, il quotidiano di Confindustria. Il pianeta del vino italiano tramuterà la fine (del Covid) in un principio in grado di attrarre il mondo, se si approprierà del senso del limite e del senso di comunità.

Foto di apertura di A. Jilden per Unsplash

La Terza Pagina è dedicata alla cultura del vino e ospita opinioni su temi di ampio respiro. Questa settimana vi proponiamo una riflessione di Luciano Ferraro su come il mondo del vino si trasformerà dopo la pandemia.

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