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Il mercato italiano visto da Halstead

15 Marzo 2011 Monica Sommacampagna
Qualità nelle produzioni, tipicità ma scarsa capacità di farsi strada attraverso politiche di marketing efficaci in un contesto competitivo che vedrà Cina, Russia e Brasile tra i principali mercati su cui puntare. Questa la fotografia dell’Italia vitivinicola all’estero nel primo seminario internazionale di marketing del vino “Strategie e strumenti di fronte alle nuove realtà del vino italiano” svoltosi alla Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento) il 10 marzo scorso. «In questi ultimi due anni si produce più di quanto si consuma» ha spiegato Richard Halstead, Chief operatine officer wine intelligence del Regno Unito. «Su circa 249 milioni di hl consumati circa un terzo non sono prodotti nel Paese dove si esportano. E se l’Italia è al primo posto come export con 19 milioni di ettolitri sugli 86 totali (22%) ed esporta il doppio rispetto all’Australia, è nel mirino dei Paesi emergenti che stanno producendo vino per esportarlo e minano la fascia bassa del mercato presidiata dal bel Paese». Gli Stati Uniti, con 220 milioni di adulti e un sistema demografico che cresce del 2% all’anno, sono un mercato di primissimo piano. Le proiezioni tra il 2009 e il 2020 ipotizzano che gli USA passeranno da 280 a 360 milioni di casse da 9 litri, mentre la Russia balzerà da 60 a 180. Sulla Cina nessuna certezza, per quanto le aspettative siano importanti, a causa dei probabili fermenti politici. Quanto ai nuovi stili da tener d’occhio Halstead ha evidenziato i rosè che tra il 2007 e il 2010 sono cresciuti dal 10 al 13% in Inghilterra e dal 12 al 15% in Germania. Tra i vitigni più amati spiccano il Pinot grigio per gli Stati Uniti; e mentre, anche nel Regno Unito, cala lo Chardonnay, si fanno strada tra i rossi in America Pinot nero, Malbec e Syrah. Interessanti le prospettive in Inghilterra dove, ad esempio, negli ultimi quattro anni il consumo di Prosecco è passato dall’8 al 16%. Un consiglio da esperto per ampliare le opportunità dell’Italia vitivinicola? Allearsi con il trade, che di fatto decide il portafoglio di prodotti: «Più che soffermarsi sulle caratteristiche dell’annata dei vini, che ben conoscono, parlate con i responsabili dell’Horeca, con gli importatori, chiedete loro come sono andate le vendite dei vostri prodotti. Per “fare mercato” occorre innanzitutto mostrare rispetto per il mercato» ha concluso Halstead.

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