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Il mercato dello Champagne tra Maison e vignérons

21 Luglio 2016 Marco Pozzali
È tempo di bilanci per il comparto Champagne. Qualche mese fa è stato presentato il Dossier des Chiffres 2015 del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (Civc), una fotografia d’insieme approfondita e puntuale che riporta l’attenzione sul giro d’affari del segmento da diversi punti di vista in un contesto economico mondiale che, mai come oggi, presenta trend difformi ed eterogenei per singolo Paese.

Le spedizioni di Champagne in Italia

Per quanto concerne l’Italia, prosegue la crescita delle spedizioni di Champagne verso il nostro Paese che, con 6,3 milioni di bottiglie, è il settimo mercato al mondo per l’export. Dopo la performance del 2014, che aveva visto una crescita del +8,1%, il 2015 conferma ancora la tendenza positiva, facendo registrare un incremento del +9,7%. Nei tre anni dal 2013 al 2015 il mercato italiano ha guadagnato 1 milione di bottiglie. Un ottimo risultato, non c’è che dire. Meglio in realtà, però, sarebbe scrivere riguadagnato: se rapportiamo i dati a quelli di 10 anni fa la fotografia rivela diversi controluce.

La riconquista e la suddivisione del mercato

Nel 2008, per esempio, con un mercato in flessione, l’Italia era quinto Paese all’export per lo Champagne, dopo il record storico raggiunto nel 2007 con 10.347.567 di bottiglie, facendo registrare una contrazione, a 9.438.811 bottiglie (in calo del -8,78%). Nel 2005 e nel 2006 le spedizioni di Champagne verso l’Italia erano state rispettivamente di 8,8 e 9,3 milioni di bottiglie. Avete letto bene: le bottiglie arrivate nel nostro Paese nel 2005 erano 8,8 milioni, mentre oggi siamo a 6,3 milioni. Per gli amanti del nozionismo, ricordiamo infine che, nel 1947, anno dal quale il Comité Champagne raccoglie sistematicamente i dati dell’export, in Italia arrivarono complessivamente 16.686 bottiglie.

In Italia, le Maison vanno per la maggiore

Conosciamo bene i motivi della contrazione strutturale e generalizzata che ha toccato tutti i settori dell’economia negli ultimi sette anni e il mercato del vino non è stato da meno. Eppure lo Champagne ha tenuto molto meglio di altre tipologie e, in un contesto sempre dinamico, sta reincrementando il consumo mondiale. Tornando a oggi e osservando con attenzione il dossier Civc, nel panorama delle scelte dei consumatori europei, gli italiani si distaccano nettamente per la preferenza accordata alle Cuvée de Prestige che rappresentano il 6,5% delle spedizioni, rispetto al 2,7% dell’Unione Europea. L’Italia conferma il suo storico legame con i grandi marchi, le Maison, che detengono l’85,4% del mercato, ma crescono – e molto – i vignérons oggi all’11,3% sul totale, seguiti dalle cooperative, al 3,4% delle spedizioni.

Il Regno Unito guida la classifica

Più in generale, le bottiglie spedite dalle Cantine della Champagne nel mondo (Francia inclusa) nel 2015 sono state 312.531.444, con una crescita del +1,7% e un giro d’affari di 4,75 miliardi di euro che rappresenta la miglior performance commerciale nella storia dello Champagne. Segno più per le esportazioni verso l’Unione Europea (+3,3%) e verso i Paesi extra Ue (+4,8%). È, comunque, ancora il Regno Unito a guidare la classifica dei mercati all’export per lo Champagne con 34.153.662 bottiglie, cioè +4,5% rispetto al 2014. Seguono gli Stati Uniti con 20.508.784 bottiglie (+7,1%). Crescita a due cifre per il Giappone, con 11.799.246 bottiglie (+13,1%), l’Australia (8.110.106, +24,3%) e la Spagna (3.909.345, +14,2%). Da segnalare infine gli exploit di altri Paesi extra Ue, come il Canada (+12%) e la Nuova Zelanda (+33%).

Il peso delle grandi Case nel mercato dello Champagne

Si scriveva dianzi che le Maison in Italia coprono l’85% sul totale degli Champagne venduti; una percentuale altissima non c’è che dire, in particolare se rapportata al resto del mondo. Complessivamente, infatti, le grandi Case rappresentano più di due terzi a volume (71,5%) e più ancora come cifra d’affari (76,5%). Sono in crescita in Francia (+2,6%), nell’Unione Europea (+5%) e verso il resto del Mondo (+4,8%). I vignérons, d’altro canto, segnano il 19,5% a volume e il 16% come cifra d’affari. In effetti in contrazione rispetto ai numeri del 2008 (-3,6%) con 60,9 milioni di bottiglie vendute complessivamente, ma in aumento a valore proprio grazie all’export (con un peso di 755,6 milioni di euro): l’incremento si registra nell’Unione Europea in generale (+6,1%) ma anche nell’extra Ue (+5,9%). E crescono in Italia, poco ma bene, in un contesto qualitativo di grande interesse e spessore.

In mano ai piccoli il 90% del Vigneto Champagne

Nel 2006, anno euforico per la Champagne, i vignérons rappresentavano il 5,2% a volume, nel 2010 il 9%, nel 2014 il 10,8% e oggi, appunto l’11,3% sul totale. In nove anni il segmento ha raddoppiato le proprie performances. Ma chi sono e come lavorano i vignérons della Champagne? Ancora una volta sono i numeri a farci riflettere. Oggi si contano circa 15.000 vignérons che possiedono il 90% del Vigneto Champagne (naturalmente larghissima parte delle uve coltivate sono vendute alle Maison, grazie a contratti pluriennali che si tramandano di generazione in generazione). Dal 2001 il marchio Champagnes de Vignérons è stato introdotto dal Sgv (Sindacato generale dei vignérons) per promuovere l’immagine dello Champagne dei piccoli produttori.  
Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 03/2016. Per scoprire i nostri migliori assaggi di Printemps des Champagnes acquista il numero nel nostro store (anche in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com. Buona lettura!

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