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Il cardo gobbo signore dell’inverno

17 Febbraio 2012 Maria Cristina Beretta
Appartiene alla famiglia dei carciofi, ma è più dolce. Facile da cucinare, può entrare in una vasta gamma di ricette. Per arrivare sulle nostre tavole bello croccante sceglie i mesi freddi. È stato riscoperto nelle terre piemontesi della Valle del Belbo che già in passato lo avevano reso famoso Qualcuno l’ha definito un ortaggio simpatico. Lo si acquista già praticamente pulito, basta togliere qualche filamento, tenerlo immerso in acqua con qualche goccia di succo di limone e poi lo si gusta crudo, appena scottato, o rifinito in padella. Il cardo gobbo è una ghiottoneria invernale molto ambita, che offre un’alternativa alla monotonia di cavoli, cavolfiori,verze e broccoletti. Il suo areale produttivo per eccellenza è la Valle del Belbo, quel territorio piemontese definito Basso Monferrato astigiano. Lungo le sponde del fiume, tra Nizza Monferrato, Incisa Scapaccino e Castelnuovo Belbo i terreni sono sabbiosi e adatti alle colture di questa pianta scientificamente chiamata Cynara cardunculus, e che potrebbe essere l’antenato del carciofo (Cynara scolymus). Cynara si riferisce al colore delle foglie, che nella parte inferiore sono verde cenere. Le origini del cardo vanno ricercate nel Nord Africa, e l’ortaggio era già noto ai Greci e ai Romani. Le sue infiorescenze venivano utilizzate per produrre il caglio vegetale per formaggi caprini e ovini. Una tecnica ancora utilizzata e che ha reso celebri alcuni prodotti abruzzesi. La coltura del cardo si è estesa nel bacino del Mediterraneo. La pianta non ama l’umidità e neppure il freddo prolungato ed eccessivo. Occorre arrivare al Cinquecento per sentirne parlare come di un ortaggio di pregio; si otteneva con la tecnica particolare dell’imbianchimento, che consiste nel sotterrare la pianta lasciando fuori solo una parte delle foglie, in modo che i fusti, non prendendo luce, non possano attivare la fotosintesi clorofilliana, rimanendo così bianchi e dolci. Sembra che questo metodo sia nato dall’osservazione dei contadini nel vedere come diventavano bianchi e dolci alcuni ortaggi conservati in cantina, al freddo e al buio. C’era solo il problema che la pianta, essendo stata estirpata, appassiva e si doveva quindi trovare un sistema per farla crescere al buio conservandola nel terreno con le sue radici. La soluzione più ovvia fu coprirla di terra e fu vincente. Il cardo diventa gobbo proprio perché cerca la luce tentando di aprirsi un varco nel terreno e trova resistenza. Oggi si utilizza il metodo dell’imbianchimento per diversi ortaggi e verdure; tra i più pregiati l’asparago bianco di Bassano e il radicchio rosso tardivo di Treviso, per il quale però non si usa la terra, ma si tiene la pianta al buio nell’acqua. In questo caso le foglie assumono un colore rosso. C’è parecchio lavoro dietro queste preparazioni e in vendita non hanno scarti. Ciò giustifica il prezzo leggermente più elevato. La stagione del cardo gobbo inizia con la semina in primavera, seguono poi i diradamenti delle prime piantine, e verso settembre, quando l’ortaggio è maturo, si fa una legatura a tre quarti  della sua altezza che gli fa assumere un aspetto a uovo di pasqua. A fianco si scava un solco, lo si corica, facendo attenzione a non rompere la radice e poi lo si ricopre lasciando fuori solo la punta delle foglie. Un campo di cardi gobbi a ottobre si presenta come una serie di solchi paralleli accompagnati da montagnette dalle quali spuntano le foglie degli ortaggi. Per evitare che il cardo riesca a uscire dal terreno occorre sempre sorvegliarlo e aggiungere terra se necessario. Dopo almeno un mese, ossia tra ottobre e novembre, inizia la raccolta. Il coltivatore nota le crepe sul terreno, indice che l’ortaggio sta ancora spingendo ed è maturo. Lo confermano alcune foglie esterne marcite che racchiudono un cuore croccante e tenero, bianchissimo. Lo si pulisce subito eliminando più di due terzi delle foglie fino a che si arriva al cuore. Occorre trasportarlo con attenzione poiché, se si spacca annerisce subito, e diventa meno appetibile alla vista. C’è chi al posto della terra utilizza il nylon scuro per coprire le piante, tecnica spiccia ma che non dà gli stessi risultati della terra perché il cardo non rimane così dolce. Dal punto di vista salutistico questo ortaggio ha un’azione tonica e stomachica, protegge il fegato, abbassa il colesterolo e la glicemia. Trattandosi di un ortaggio rustico non sono necessari diserbanti né anticrittogamici ed è quindi privo di sostanze nocive. L’unica pecca di questa delizia gastronomica è la difficoltà di rintracciabilità sul mercato. Attualmente se ne producono circa 300 quintali e i produttori sono una decina, uno solo dei quali ne ottiene più della metà. Lui si è ben organizzato e invia il suo prodotto a chi ne fa richiesta via mail. Gli altri hanno ciascuno la propria clientela. Sarebbe molto utile se potessero organizzarsi realizzando un punto vendita che assicuri un certo quantitativo disponibile al pubblico, nel periodo clou che va da novembre a metà febbraio. È anche il sogno di Piero Bongiovanni, anziano coltivatore di cardi, che agli inizi del 1990 ha raccolto alcuni cardaroli con la finalità di produrre un qualcosa di eccellente. Ci è riuscito dal punto di vista delle colture ma non della visibilità sul mercato, che dipende dalla volontà di altri. Luca Zecchin e Andrea Alciati Relais San Maurizio Santo Stefano Belbo (Cuneo) www.relaissanmaurizio.it A pochi chilometri dal cuore della zona produttiva del cardo gobbo, a Santo Stefano Belbo, nel Relais San Maurizio,  Luca Zecchin, chef del ristorante Guido da Costigliole, si fa arrivare i cardi gobbi da un solo coltivatore, lo stesso che li manda all’altro ristorante di famiglia, Guido, che si trova a Pollenzo. «Ci piace pensare che abbiamo raddoppiato la nostra visibilità», racconta Andrea Alciati, contitolare del ristorante del Relais. «Quando nel 2002 abbiamo deciso di chiudere la vecchia sede di Costigliole abbiamo avuto queste due splendide opportunità a cui non abbiamo voluto rinunciare. Io qui, con Luca Zecchin e Monica Magnini che segue la sala, i miei fratelli Ugo e Piero là, a Pollenzo». Luca Zecchin ha lavorato per due anni a Costigliole con Lidia Alciati, moglie di Guido e recentemente scomparsa. Da lei ha imparato la saggezza di affrontare con serenità quotidiana un lavoro impegnativo, ma anche creativo e piacevole. Sempre lei gli ha insegnato che nei piatti non occorrono troppi ingredienti, si gioca su tre. «Alcune ricette rimangono di Lidia», spiega Luca Zecchin, «anche se magari non così ricche e con lunghe cotture come si usava una volta.  Il cardo, che si serviva solo con la fonduta e il tartufo o con la bagna cauda, può accompagnare tantissimi piatti ed essere anche l’ingrediente principe. Per le mie preparazioni, a parte proporlo crudo, trovo che il sistema migliore sia scottarlo per pochi minuti». Cardo gobbo di Nizza con tartufo su fonduta «Ho voluto mantenere la ricetta di Lidia Alciati così com’era con la piccola modifica, che nasce dalle attuali esigenze, di diminuire i tempi di cottura, per avere l’ortaggio al dente». Si puliscono 2 cespi di cardi gobbi ottenendo circa 350 g di ortaggio pulito. Si tagliano a pezzi e si scottano per 3 minuti in acqua bollente salata in cui sono state messe 2 fettine di limone. Si scolano e si tengono a parte. Si fanno fondere a bagno maria 250 g di fontina di media stagionatura, tenuta a temperatura ambiente dalla sera precedente, in 200 g di latte continuando a mescolare e si aggiungono 5 tuorli, uno alla volta sempre continuando a mescolare. Si lascia cuocere il composto per pochi minuti, poi lo si toglie dal fuoco. Si saltano i cardi in 20 g di burro e 20 di olio extravergine delicato. Si servono sistemati sopra la fonduta messa al centro del piatto e, volendo, vi si aggiunge una grattugiatina di tartufo bianco. Abbinamento (a cura di Giuseppe Vaccarini): preparazione ricca di sensazioni di media intensità gustativa, particolarmente adatto alla stagione invernale grazie al suo sapore accattivante e non molto impegnativo. È un piatto di buona succosità in cui si percepiscono, nell’ordine, equilibrate sensazioni di percezione dolce, una discreta grassezza e una gradevole nota di aromaticità che chiudono sulle gustose e sapide note della persistenza gustativa. L’abbinamento con il Galatina Rosso valorizza il vino e la fonduta, poiché le sensazioni di entrambi si fondono perfettamente sia a livello olfattivo che gustativo per il piacere del nostro palato. Prodotto principalmente da sua maestà il Negroamaro, è un vino dal bel colore rosso mediamente intenso che entusiasma a prima vista e che invita all’immediato assaggio. Al bouquet si percepiscono profumi freschi di fiori rosa e di fresia con sentori di mirto e menta. In bocca si possono apprezzare la struttura ed il corpo in tutta la loro pienezza con intense note morbide e vellutate, tipiche del vitigno, mentre l’acidità dona una gradevolissima nota di freschezza che lo rende fragrante, oltre ad allungare la persistenza gustativa finale che termina con sensazioni fruttate. Va consumato nella giovane età, entro comunque i due anni dalla vendemmia.   Ravioli con ripieno di cardi e crema di taleggio «Il cardo come ripieno usato da solo ha un gusto molto delicato e mi sono accorto che per non sovrastarlo occorreva abbinargli un formaggio fresco come il taleggio. La ricetta è nata quest’ inverno, l’ho inserita nel menu di Natale». Si puliscono 2 cespi di cardi gobbi ottenendo circa 350 g di ortaggio pulito. Si tagliano a pezzi e si scottano per tre minuti in acqua bollente salata in cui sono state messe 2 fettine di limone. Si scolano, si tagliano a pezzettini e si passano in una padella con olio extravergine continuando la cottura a fuoco bassissimo per circa mezz’ora, fino a che l’acqua si sia completamente asciugata. Si toglie il cardo dalla padella e lo si frulla con un frullatore a immersione insaporendo con un pochino di pepe e, se occorre, con un pizzico di sale, fino a farlo risultare un composto asciutto. Si prepara la sfoglia con 400 g di farina doppio zero, 6 tuorli, 100 dl di acqua e 20 g di olio extravergine. La si lavora bene e la si lascia riposare un’ora in frigo. La si toglie e si tira sottile. Si ricavano cerchi di circa sei centimetri di diametro, si pone al centro il ripieno di cardi, si richiude a metà e si uniscono gli estremi della mezzaluna. Si fondono a bagnomaria 150 g di taleggio a tocchettini in 200 g di panna continuando a mescolare fino a che si forma una crema che verrà passata al colino e tenuta al caldo. Si decora il fondo del piatto con la crema di taleggio, sopra si posano i ravioli, cotti in abbondante acqua salata e si rifinisce il piatto con un filo di olio extravergine delicato e verdure e cubetti saltate in padella. Abbinamento (a cura di Giuseppe Vaccarini): deliziosa preparazione gastronomica che si presenta al gusto con una intensa e duratura percezione di dolcezza, conferita principalmente dalla panna, ma anche dal taleggio e dagli altri ingredienti, sensazione che va contrapposta all’acidità del vino che ha, inoltre, la funzione sgrassante, riportando equilibrio al gusto. Chiudono poi, con minore intensità, sensazioni di aromaticità, in concordanza con gli aromi del vino e la succosità, che si contrappone alla alcolicità. Molto piacevole la persistenza finale che garantisce la definitiva armonizzazione dei due prodotti. Scegliere per l’abbinamento un Oltrepò Pavese Barbera, vino dal colore rosso rubino con riflessi tendenti al violaceo/granato. All’olfatto è intenso ed evidenzia aromi di rosa canina, viola mammola, note di marasche e di prugna, nonché sfumature speziate di chiodi di garofano, cannella e liquirizia. Al gusto il corpo si presenta piacevolmente morbido grazie alla spiccata nota pseudocalorica e in equilibrio con il tannino e  ha anche un’apprezzabile freschezza conferita dall’acidità. Buona la corrispondenza gusto-olfattiva con un piacevole sentore di mandorla in fin di bocca. Coniglio grigio di Carmagnola con cardi e purea di patate «In questo caso il cardo è più un accompagnamento alla carne bianca che un protagonista. Per amalgamarsi deve essere insaporito nel sugo del coniglio». Si rosola in una padella in olio extravergine mezzo coniglio grigio di Carmagnola a pezzi. Si aggiungono il timo, il sale e si continua la cottura bagnandolo con brodo caldo per un’ora circa. A cottura quasi ultimata si aggiungono 350 g di cardi sbianchiti e tagliati a cubettini. Si lasciano insaporire per 10 minuti. Si prepara una purea con 500 g di patate cotte con la buccia in acqua salata, poi sbucciate, passate al passaverdure e insaporite con 20 g di burro, 100 g di latte, 30 g di parmigiano grattugiato e 1 grattugiatina di noce moscata. Si compone il piatto ponendo al centro la purea di patate sopra il coniglio e tutt’attorno i cubettini di cardo. Abbinamento (a cura di Giuseppe Vaccarini): la cottura molto vicina a quella di un brasato, arricchisce il sapore della preparazione e per questo aumenta l’intensità delle sensazioni percepite. Domina tra queste la succosità conferita dai liquidi degli ingredienti e dal condimento, accompagnata dalla percezione dolce a cui segue l’aromaticità che ne arricchisce il sapore nonché, a seguire, la delicatissima grassezza e la lunga persistenza gustativa che ben si armonizzano con le sensazioni di acidità, di moderata tannicità ed alcolicità del Dolcetto di Dogliani Superiore, creando il piacere gastronomico dei nostri sensi e la consapevolezza di aver realizzato un perfetto abbinamento. Vino di grande personalità prodotto da secoli in una ristretta zona del Piemonte, ha colore rubino con riflessi violacei mentre al bouquet si avvertono  profumi che spaziano dalle fresche note di frutta come il mirtillo, l’amarena, la mora e la ciliegia, a quelle vegetali fino a sfumature speziate di chiodi di garofano e anche un tocco di balsamico. Il gusto è imperniato su sentori fruttati piacevolmente uniti da un’armoniosa sensazione tannica amalgamata con pienezza dalla morbidezza dell’alcol in giusto equilibrio con l’acidità. Chiude con intense sensazioni speziate di pepe verde fresco che allungano il piacevole finale. Le altre interpretazioni d’autore Un piatto che racconta la campagna e l’inverno con i suoi sapori dolci amari accompagnati dalla carne del cappone è la proposta dello chef della campagna pavese, in provincia di Vigevano. Il suo collega di Genova ha accostato alla dolcezza del cardo quella intensa ed elegante degli scampi. In entrambe le preparazioni c’è l’uovo, ingrediente fondamentale che arrotonda e dà tono ai sapori. Enrico Gerli I Castagni Vigevano (Pavia) www.ristoranteicastagni.com In più di vent’anni di ristorazione (il locale è stato aperto nel 1989), il suo stile in cucina si è mantenuto in equilibrio stabile tra essenzialità, cioè valorizzazione dei singoli gusti degli ingredienti e creatività, ossia proporre i piatti in versione curata reinterpretando la tradizione. L’origine delle ricette è sempre più legata alle materie prime del territorio anche perché stanno crescendo nuove generazioni di coltivatori preparati e decisi a proporre il meglio della produzione della zona. E pensare che la passione che l’ha portato a impegnarsi ai fornelli professionalmente è il vino, un amore mai sopito e che si rivela nella selezione dei prodotti che ha in carta. In sala, la moglie Luisa. Zuppa di cardi gobbi con spezzatino di cappone, porri e topinambur «Partendo dalla zuppa pavese in cui l’uovo crudo si spacca nel brodo ho realizzato una ricetta con prodotti tipici dell’inverno e che vuol essere un mio omaggio al Piemonte». Si pone mezzo cappone (circa 1,5 chili) in una pentola alta immergendolo in 4 litri di acqua fredda assieme a 1 carota, 1 cipolla, 1 costa di sedano, 2 chiodi di garofano, 1 spicchio d’aglio in camicia, 3 foglie di alloro, 1 gambo di porro (di Cervere), 1 cucchiaio di sale grosso, 1 bicchiere di vino bianco. Quando l’acqua bolle si abbassa la fiamma e si continua la cottura per un’ora e mezza o due. Si lascia raffreddare il cappone nel brodo, gli si toglie la pelle e lo si sfilaccia come per farne un’insalata. Si puliscono 2 cespi di cardo gobbo in modo da averne circa 500 g commestibili. Lo si taglia a pezzi e lo si cuoce in acqua bollente salata in cui è stato aggiunto 1 cucchiaino di farina stemperato in 1 bicchiere di acqua con poco succo di limone. Si cuoce per circa 25 minuti e poi si lascia raffreddare nella sua acqua. Si taglia a julienne grandi come gli sfilacci di cappone. Si tagliano a julienne 100 g di parte bianca di un porro (di Cervere) e 100 g di topinambur pelati. In una padella antiaderente si sciolgono 20 g di burro e 20 di olio extravergine, vi si fanno stufare prima il porro e dopo qualche minuto il topinambur, vi si aggiungono gli sfilacci di cappone e si lasciano insaporire fino a che l’acqua delle verdure si sia asciugata. Si tiene in caldo da parte. Si scolano i cardi, si pesano e frullano assieme allo stesso quantitativo di brodo di cappone, infine si filtrano col colino. Si tiene al caldo. Si compone il piatto mettendo lo spezzatino di cappone con verdure al centro, aiutandosi con un coppapasta e facendo un incavo al centro del cerchio, dove si sistema 1 tuorlo, si irrora con il passato di cardi e brodo bollente e si guarnisce con 1 cialda di parmigiano e 1 filo di olio extravergine delicato. Volendo si può aggiungere anche una grattuggiata di tartufo bianco. Abbinamento (a cura di Giuseppe Vaccarini): il delicato ma accattivante gusto di questa zuppa è caratterizzato dalla intensa percezione dolce della carne del cappone e delle verdure e del cardo gobbo, oltre che da una percettibile nota aromatica, una moderata oleosità ed una discreta persistenza gustativa finale. La freschezza dell’acidità è determinante nell’armonizzazione delle sensazioni gustative della carne e delle verdure poiché valorizza il delicato gusto “dolce” mentre la morbidezza contribuisce alla realizzazione dell’equilibrio gustativo e alla sua finale intesa con il Langhe Chardonnay. Si tratta di un vino dal colore giallo paglierino che all’olfatto esprime intensi aromi floreali di camomilla, note fruttate di pesca bianca, nonché di miele di acacia e toni minerali in chiusura.  Il gusto è sapido, dominato una bella morbidezza ma anche da un’interessante nota di freschezza. Il corpo ha una struttura media, ben equilibrata e chiude con una persistenza gusto-olfattiva piuttosto lunga su piacevoli note ammandorlate. Luca Collami Baldin Genova www.ristorantebaldin.com Si è trovato all’età di 18 anni a decidere se diventare titolare di un’osteria storica e l’ha fatto. Aiutato dal padre, che ha colto in lui una passione autentica per i fornelli, è rimasto in questo locale e ha trasformato un menù fatto di minestroni e di pesce povero, tipico dei piatti classici di Genova, in una cucina, come lui stesso ama definirla, sempre più semplice, leggera e variegata, privilegiando pesce e verdure con qualche “interferenza” della carne per accontentare la clientela. Il suo percorso professionale si è svolto quasi interamente in contemporanea con il suo lavoro. Nel 1999 ha rinnovato completamente il locale. Ai dolci, la moglie Barbara. Cardo gobbo, scampi e zabaione gratinato «Ho riscoperto di recente la duttilità del cardo gobbo che preferisco proporre come antipasto come in questo caso, dove la gratinatura richiede un formaggio molto giovane per non sovrastare gli altri ingredienti». Si puliscono 2 cespi di cardo gobbo, ottenendo circa 500 g di prodotto finito e si cuociono in acqua salata con 1 fettina di limone per una decina di minuti. Si scolano e si passano per qualche minuto in acqua ghiacciata. Si puliscono 12 scampi di grandezza media, togliendo il budellino dell’intestino dalla polpa della coda. Si prepara uno zabaione mettendo in un recipiente a bagno maria 2 tuorli con 100 g di parmigiano giovane grattugiato, si continua a sbattere con la frusta aggiungendo poco alla volta del brodo vegetale tiepido. Quando lo zabaione avrà assunto un aspetto vellutato, senza prendere il bollore (ci vorranno sette-otto minuti),  si toglie dal fuoco. Si saltano i cardi in una padella antiaderente in 20 g di olio extravergine delicato per qualche minuto, si aggiungono gli scampi e si lasciano insaporire per due-tre minuti. Si sistemano nei piatti prima i cardi, poi gli scampi, si irrora con lo zabaione, si spolvera con parmigiano grattugiato e si pone il piatto a gratinare per due-tre minuti in forno a 200 °C. Si serve accompagnato da un pizzico di sale a scaglie. Abbinamento (a cura di Giuseppe Vaccarini): l’accoppiata con l’Alto Adige Pinot grigio valorizza ed enfatizza il vino e gli ingredienti della ricetta poiché le sensazioni di freschezza e acidità si contrappongono a quelle di grassezza e percezione dolce, mentre l’alcol deterge il palato dalla succosità determinata della preparazione e, con la sua morbidezza, crea una perfetta concordanza con le rimanenti sensazioni di sapidità, aromaticità, speziatura e persistenza gustativa finale. Il Pinot grigio, vino che si ottiene dall’omonimo vitigno nobile e che conferisce grandi caratteristiche organolettiche, ha colore giallo paglierino piuttosto intenso con riflessi dorato/verdolini che mettono in evidenza la sua luminosità. Il profumo ha straordinaria eleganza, è intenso e fragrante con note floreali di pesco, di acacia e di ginestra su un fondo minerale e altre sfumate di frutta fresca a polpa bianca. Le doti di grande vivacità e struttura emergono anche al palato, accentuate dalla spiccata sapidità, mentre la morbidezza permette di apprezzare il suo equilibrio. È un vino gradevole che lascia in bocca una gentile persistenza quasi aromatica.  

La parola al coltivatore

Angelo Giudice segue l’azienda agricola della moglie a Incisa Scapaccino (Asti) da alcuni decenni. La sua produzione è selezionata, predilige la varietà del cardo spadone, che vende direttamente alla ristorazione e ai clienti che lo vengono a trovare. Lui ama dare un prodotto pronto per l’uso, pulendolo con molta cura perché lo ritiene un ortaggio eccellente sia crudo sia cotto, e vuole invogliare al suo consumo. - È facile riconoscere il vero cardo gobbo di Nizza? «Il cardo gobbo di Nizza ha costa larga, bianca e un peso massimo di circa 400-500 grammi, già praticamente pulito. Manca la rifinitura di eliminare i filamenti nelle coste più grosse. La forma è arcuata e magari al centro un pochino contorta; ciò è dovuto al fatto che la pianta spinge il terreno per cercare la luce ed essendo stata coperta dalla terra, si ingobbisce». - Quando si parla di cardo gobbo di Nizza ci si riferisce a una sola varietà? «La più pregiata è chiamata spadone o palmato perché ha la foglia larga con pochissime incisioni che ricorda una spada. Questa varietà è tutelata da Slow food quale presidio ed è commercializzata in cassette con una fascetta che lo dichiara. C’è poi un altro tipo, che noi chiamiamo anche toscano, ed è il frastagliato, con una foglia dalle incisioni profonde. Ha gusto simile ed è abbastanza facile trovarlo nelle colture perché con l’impollinazione naturale possono nascere degli ibridi. C’è poi un’ultima tipologia, chiamata bianco perla, dalla costa sottile e che non ha la stessa bontà degli altri». - Però in commercio c’è il cuore del cardo gobbo, non le foglie, come fare a capire le diversità? «A parte il discorso della fascetta, la cosa migliore sarebbe recarsi sul posto a fare acquisti, oppure contattare direttamente il coltivatore e farsi mandare i cardi a casa». - Quanto costa un chilo di cardo gobbo di Nizza? «Si va dai 4 ai 7 euro ma, ripeto, non si butta via niente. Si conserva bene avvolto in un panno umido in frigo per una settimana. Occorre solo trasportarlo con attenzione poiché è delicato, basta poco perché la foglia si spacchi e annerisca».

Dieci regole d’oro

1 Quando si pulisce il cardo dai filamenti l’ortaggio va sempre immerso in acqua e limone per evitare che annerisca. 2 In cottura vuole acqua appena acidulata con 1-2 fettine di limone ed eventualmente una soluzione ottenuta con 1 cucchiaino di farina sciolto in 1 bicchiere di acqua fredda ogni 3-4 litri d’acqua. 3 Per accompagnarlo alle carni o ai pesci basta sbianchirlo per 3 minuti in acqua salata appena acidulata. 4 Dopo la sbianchitura lo si salta in padella preferibilmente con olio extravergine delicato e burro. 5 Se si vuole ottenere una purea per ripieni la cottura deve proseguire per mezz’ora. 6 La purea va sempre passata attraverso un colino, per eliminare eventuali fibre. 7 Si adatta meglio alle carni bianche e a pesci o crostacei dalle carni saporite. 8 Ha bisogno di un ingrediente che esalti le sue caratteristiche: i più collaudati sono acciughe, formaggi e uova. 9 Sono sconsigliati ingredienti acidi come sughi di pomodoro. 10 Più la ricetta è semplice e meglio lo si apprezza.    

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