Debole, anomalo e di difficile interpretazione: potremmo definire così l’anno in corso dal punto di vista economico. Il fattore coronavirus ha scompaginato i promettenti scenari di fine 2019. Il futuro? Proviamo a fare delle ipotesi.
Il 30 gennaio 2020 l’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) ha dichiarato che il coronavirus diffusosi in Cina rappresenta un’emergenza globale. La dichiarazione è stata rilasciata circa un mese dopo le prime segnalazioni della Cina all’Oms su casi anomali di polmonite a Wuhan, città di oltre 11 milioni di abitanti nella provincia di Hubei. Da quel momento lo sforzo di tutte le organizzazioni con scopi umanitari è stato incessante, sia per limitare il diffondersi dell’epidemia nel Paese, sia per scongiurarne la diffusione a livello internazionale.
La Cina ce la farà?
Se i problemi umanitari legati alla diffusione del nuovo virus restano prioritari, purtroppo essi si sono intrecciati immediatamente con i disagi e le ripercussioni sull’economia globale, di cui la Cina è ormai un player fondamentale, seconda solo agli Usa per peso sul Pil mondiale. La questione su cui ci si interroga da settimane è se la Cina riuscirà a effettuare un “atterraggio morbido” rispetto agli elevati tassi di sviluppo sperimentati in passato, accompagnando il rallentamento su un sentiero graduale. Oppure se, come per altre economie emergenti, si debba mettere in conto una crisi dalle conseguenze gravi e imprevedibili, fino a una battuta d’arresto più brusca.
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