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Local a Venezia

23 Febbraio 2024 Jessica Bordoni Veneto
Local a Venezia

Situato nel Sestriere Castello, vivace area tra Piazza San Marco e l’Arsenale, è un luogo di incontro e condivisione dove sentirsi a casa. Ambiente caldo e ricercato che propone sapori veneziani in chiave contemporanea. Per l’abbinamento, 50 e più vini al calice incluse tante bottiglie in grande formato.

Venezia è una della città più visitate d’Europa. Accanto al turismo “mordi e fuggi” che ruota intorno a bacari e cicchetti, c’è una clientela più esigente e selettiva, in cerca di indirizzi che si distinguono per inventiva e innovazione, segnando un cambio di passo nel modo di fare alta ristorazione in Laguna. Tra i riferimenti più interessanti che remano in questa direzione c’è Local, nel Sestriere Castello, vivace area tra Piazza San Marco e l’Arsenale che ha mantenuto il suo fascino pittoresco, comprendendo però anche molti hotel di lusso.

Territorialità e ospitalità innovativa

Local è un nome azzeccato che si presta ad almeno due significati. Letto all’inglese, con l’accento sulla o, richiama la territorialità, la memoria gastronomica della Serenissima. Pronunciato alla veneziana, con l’accento sulla a, indica l’idea di locale come luogo di incontro e condivisione, dove sentirsi a casa. È il concetto di ospitalità e “venezianità” secondo la titolare Benedetta Fullin, che condivide la direzione con il marito Manuel Trevisan, maître e sommelier. Clima amichevole e informale, senza inutili sovrastrutture: per alleggerire il servizio, a tavola insieme ai piatti i camerieri lasciano dei biglietti con il nome della pietanza e qualche curiosità sulla ricetta. Sarà l’ospite a decidere come e quanto approfondire i dettagli di ciò che sta gustando.

Un ambiente caldo e ricercato

Aperto nel 2015, Local è stato subito recensito positivamente sulle pagine del New York Times e inserito nella Guida Michelin, fino al riconoscimento della stella con l’edizione 2022. L’ambiente è caldo e ricercato, con cucina a vista. Tavoli, sedie e cantina sono in legno di rovere, fatti su misura da un importante artigiano, mentre la plancia del bar è stata ricavata da antiche botti dove ha riposato il vino Valpolicella. La vera chicca però è il pavimento: un terrazzo alla veneziana al cui interno sono state inserite più di 2.500 murrine fatte a mano da esperti mastri vetrai di Murano. Impossibile non abbassare lo sguardo per ammirarlo di tanto in tanto.

La mano rispettosa dello chef Salvatore Sodano

Questa “nuova cucina veneziana” convince per precisione e armonia di sapori, frutto di un originale melange tra tecniche di cottura moderne e ingredienti stagionali che arrivano da una catena di piccoli fornitori fidati. Come le schie e le seppioline di porto, la gallina padovana e l’agnello dell’Alpago, il carciofo violetto di Sant’Erasmo e la dorona di Mazzorbo. A guidare la brigata c’è lo chef campano Salvatore Sodano. Classe 1985, ha maturato importanti esperienze internazionali (con professionisti del calibro di Oliver Glowig, Simon Rogan e Cristina Bowerman) che gli hanno garantito solide basi e una bella maturità stilistica. Quando è arrivato a Venezia, nel 2022, non aveva alcuna dimestichezza con la tradizione culinaria della Laguna, ma si è subito messo a studiare, mosso da curiosità e rispetto sincero per il territorio, senza paura di osare e personalizzare.

Sapori veneziani in chiave contemporanea

Tra i risultati più riusciti c’è il Risone canoce, xo di schie e cicoria. Come si legge sul bigliettino che arriva a tavola insieme al piatto: “Le schie sono dei gamberetti grigi di 3 cm che vivono sul fondale della laguna di Venezia o nei pressi delle foci dei fiumi”. L’idea dello chef è stata quella di essiccarle per utilizzarle nello Xo, una salsa di ispirazione orientale a base di frutti di mare, chili e aglio. Al posto del tradizionale riso, ha optato per il risone, un formato di pasta secca tipica campana (simile al riso nella forma), che si cuoce nel brodo di canocchie. La cicoria dona una nota piacevolmente amara, mentre la salsa Xo un tocco di piccantezza che accentua la profondità dei sapori.
L’omaggio alla cucina contadina veneta è rappresentato anche dal Musso, fungo e garusoli, un piatto a base di carne di asino (musso in dialetto), e dalla Capasanta e lingua salmistrata, che garantiscono un divertente gioco di consistenze.

La frollatura del pesce

Nota di merito anche per il goloso Agnello, uva fragola e salsa peverada. La morbidezza della carne è il frutto di una lunga maturazione. Ma a Local, ed è fatto ancora raro nel panorama nazionale, sceglie di adoperare la tecnica della frollatura anche per il pesce, protagonista della ricetta del Pescato del giorno. La pratica viene fatta solo per pezzature sopra i 5 kg e a partire da materia prima pescata entro le 36 ore. Una volta puliti, i pesci vengono appesi in una cella a temperatura e umidità controllata per alcuni giorni. Si innesca così un processo enzimatico che destruttura le proteine e regala un gusto più intenso oltre a una maggiore tenerezza. Insomma, quella del Local è una cucina veneziana d’avanguardia leggibile e ben eseguita, che punta all’essenzialità, ma senza semplificazioni. Forma uguale sostanza, al bando i fronzoli.

I tre menu a pranzo e a cena

E questa agilità è evidente anche nella formula: la carta propone un menu fisso a pranzo a 40 euro che include sempre la rivisitazione di un cicchetto e un dessert. A cena, spazio ai due menu degustazione da 7 e 9 portate a 150 e 180 euro, al cui interno non manca mai “Il fuori tema” ovvero un piatto in cui lo chef ha carta bianca. Merita un capitolo a sé l’originalissima proposta enologica, impostata dal sommelier Manuel Trevisan, che si è formato professionalmente in templi della cucina veneta e internazionale come l’Antica Osteria da Cera, il Ridotto e il Dinner By Heston Blumenthal. Dopo quattro anni a Londra, il ritorno nella sua terra e la sfida di impostare una cantina sulla base delle sue passioni, a cominciare da quella per i grandi formati.

Grandi formati e tante opzioni by the glass

La selezione di vini al calice conta più di 50 referenze e in molti casi si tratta di Magnum, Jéroboam e oltre. Per coerenza con la filosofia del locale, gli abbinamenti sono composti da vini italiani. Il percorso completo prevede 5 calici nel menu da 7 portate e 7 in quello da 9. Chi preferisce pasteggiare con unica referenza, ha a disposizione un’ampia carta che alterna grandi Cantine a piccolissimi produttori, con chicche come il blend di Malvasia, Fiano e Vermentino 2020 dell’Orto di Venezia (90 euro) o il macerato Bikos, Isola dei Nuraghi Igt 2022 della Cantina Gibadda, da uve Vermentino, Monica bianca, Trebbiano e Nasco (90). Copiosa anche la selezione di distillati di frutta e di Grappe (a cominciare da quella di Capovilla), che il commensale può scegliere di gustare anche a tutto pasto.

Foto di apertura: elaborazione grafica di © V. Fovi

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