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I punti critici della qualità, dall’uva alla bottiglia

23 Ottobre 2020 Alessandro Torcoli
I punti critici della qualità, dall’uva alla bottiglia

Quali sono le strade principali per conferire complessità al vino?

Questa settimana affrontiamo un tema molto affascinante: come si può conferire maggiore complessità a un vino, per renderlo interessante e identitario? Risponde per noi, l’enologo Paolo Caciorgna.

Paolo Caciorgna

Trattandosi di un argomento tanto importante quanto ampio una breve premessa è d’obbligo. Esistono molte tipologie di vino che si differenziano per il colore, per la presenza di gas, per il carattere ossidativo, per la freschezza, per il tenore alcolico. Vini giovani, vini invecchiati, eccetera…

Si parte dall’uva

Rimanendo nell’ambito delle tipologie più diffuse, bianchi e rossi fermi, non si può che partire dalla materia prima: l’uva. Essendo, il vino, il risultato della fermentazione del mosto ottenuto dalla spremitura dell’uva, partire da un frutto, un’uva, più matura piuttosto che più acida, o da un acino sottoposto ad appassimento, significa arrivare a espressioni olfattive molto diverse. Che si aggiungono alle espressioni varietali e al carattere conferito dal suolo.

Il “big bang” della fermentazione

Poi c’è il “big bang”, la fermentazione a carico dei lieviti, che porta alla formazione di una quantità incredibile di nuove sostanze. Di certo i lieviti, o meglio, il lavoro svolto dai lieviti, può portare a risultati olfattivi e gustativi particolarmente articolati.  E sono molte le variabili che intervengono nel processo: temperatura, ossigeno, tipologia di contenitore, presenza di raspi, tecnica di macerazione (inclusa la pre-fermentativa). Anche la cosiddetta fermentazione malolattica (la trasformazione dell’acido malico in lattico, ndr), a seconda che venga svolta o meno, può portare a risultati completamente diversi. Con la malolattica termina il contributo attivo delle attività microbiologiche, per dare inizio al contributo passivo, ma molto importante, dovuto all’autolisi dei lieviti.

La partita decisiva

Da qui in avanti, all’inizio della fase che i francesi chiamano elevage, il ruolo dell’ossigeno e la scelta del materiale del contenitore (legno, acciaio, cemento, terracotta, eccetera…) possono portare ad espressioni olfattive e gustative, a complessità anche molto diverse. È molto evidente come la scelta del contenitore in cui nasce e/o matura il vino, sia uno degli elementi che maggiormente contribuiscono alla formazione della complessità. In particolare, l’utilizzo di botti in legno (rovere) che non solo permettono una micro-ossigenazione costante, ma danno un apporto di sostanze, nello specifico tannini, la cui combinazione con i componenti del vino vanno a costruire il bouquet, la complessità aromatica, che la bottiglia deve preservare nel tempo.

Foto in apertura di L. Ockel per Unsplash

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