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Giovani produttori: i vini Piwi di Thomas Niedermayr

15 Febbraio 2016 Jessica Bordoni
Solaris, Bronner, Souvignier Gris, Cabernet Cantor, Cabernet Cortis: siamo nel campo delle cosiddette uve Piwi, dal tedesco pilzwiderstandfähig, ovvero vitigni resistenti agli attacchi fungini, e quindi meno esposti alle temibili malattie dell’oidio e della peronospora. Thomas Niedermayr (in foto), giovanissimo titolare del maso Hof Gandberg di Appiano, li conosce bene. Praticamente tutti i suoi due ettari di vigna sono occupati da queste varietà ottenute dall’incrocio fra specie europee e americane. Classe 1986, Thomas ha fatto della ricerca del minimo impatto ambientale il punto fermo della sua attività, operando in regime di viticoltura biologica - che lui preferisce definire “naturale” - senza utilizzo di fitofarmaci e fertilizzanti chimico-sintetici.

Il minimo impatto ambientale delle uve Piwi

«L’adozione delle varietà Piwi, iniziata da mio padre alla fine degli anni Duemila, nasce dal desiderio di coltivare la terra nel modo più bio possibile. Meno trattamenti si fanno in vigneto, meno stress subisce la pianta… e anche io in questo modo fatico di meno!», ammette Thomas. Le viti sono a circa 500 metri d’altezza, vicino alla montagna Gandberg che dà il nome al Maso. «Tutte le operazioni sono svolte rigorosamente a mano: dalla sfogliatura alla potatura verde, passando per la riduzione dei grappoli e la raccolta. La pendenza ci impone sforzi fisici non indifferenti. Il rame, poi, è un metallo pesante e con il tempo tende ad accumularsi nel suolo. La robustezza di questa tipologia di piante ci permette di fare pochi trattamenti, al massimo tre all’anno, dando maggior respiro alla terra». Con il Pinot bianco - l’unico vitigno tipico della zona allevato all’Hof Gandberg - la quota dei trattamenti sale a una media di 13-15.

Dal 1991 soci di Bioland Südtirol

«Il pallino per il biologico è un’eredità paterna», prosegue Thomas. «La mia famiglia è impegnata nel settore vinicolo da varie generazioni, ma fino al 1992 ci siamo limitati a conferire le uve a una Cantina sociale della zona». Verso la fine degli anni Ottanta, tuttavia, il padre di Thomas si avvicina all’agricoltura biologica e nel 1991 decide di aderire a Bioland Südtirol, “filiale” altoatesina dell’omonima associazione tedesca, con un disciplinare di produzione molto rigido volto a mantenere l’equilibrio della vita naturale del suolo. Nel 1993 l’azienda diventa produttrice a tutti gli effetti, gestendo l’intero iter di lavorazione dell’uva.

Thomas Niedermayr, da falegname a vignaiolo

All’epoca Thomas, terzo di sei figli, aveva solo sette anni e nessuna idea di quale mestiere avrebbe fatto da grande. «Terminate le scuole medie, mi sono iscritto all’istituto di falegnameria e dopo il diploma ho lavorato per qualche anno nel settore del legno. Ma ad un certo punto mi sono accorto che avevo bisogno di una nuova sfida. Le porte di casa erano sempre aperte e la voglia di affiancare mio padre al Maso era tanta. Però ho pensato fosse necessario fare un po’ di sana gavetta, prima di entrare in azienda». Detto fatto, Thomas frequenta per tre anni la scuola agraria di Leimburg, in Alto Adige, e poi i corsi di potatura di Simonit & Sirch, legandosi al loro gruppo di consulenti e seguendo direttamente alcune aziende. «Nel 2012 ho capito che ero pronto per ritornare alla base e nel 2013 ho preso in mano la Cantina. Mio padre è ancora attivo e mi dà una mano, mentre gli altri fratelli hanno deciso di fare altro». In tutto tre ettari di proprietà di cui due a vigneto e uno a meleto. «Nei prossimi anni conto di allargare la superficie vitata prendendo in affitto altri due ettari. Qui in Adige il terreno è limitato e dunque preziosissimo».

Le uve Piwi in vigna dal 1999

Le prime sperimentazioni delle varietà Piwi risalgono alla metà degli anni Novanta. «Nel 1999 ci fu il primo impianto di uva a bacca bianca, Solaris, un vitigno per certi aspetti simile allo Chardonnay, che dà origine a vini più intensi, corposi, dai profumi tropicali. Quasi ogni anno abbiamo proseguito con i campi sperimentali e i successivi impianti e oggi nel Maso sono presenti  diverse cultivar Piwi, tra cui Solaris. Bronner, Souvignier Gris, e i due rossi Cabernet Cantor e Cabernet Cortis». Il numero di bottiglie si aggira sulle 12 mila, ma l’obiettivo è raggiungere le 30 mila. Tutti i vini sono il risultato di una fermentazione spontanea, senza controllo della temperatura e con pochi solfiti. Il vino è lasciato a maturare sulle fecce molto a lungo con i lieviti indigeni. L’affinamento avviene principalmente in acciaio. Quando interviene il legno, è sempre in tonneau da 500 litri usate, mai di primo passaggio. Nessuna chiarifica, solo l’aggiunta di pochissimi solfiti.

I vini Piwi da provare

Le etichette portano le iniziali del titolare, a cui si aggiunge l’anno dell’impianto della varietà seguito dal nome del vitigno e della vendemmia. Ad esempio T.N. 04 Bronner 2014. «Con queste varietà è difficile partecipare ai concorsi in Italia. Però esiste un campionato internazionale Piwi e lì abbiamo vinto con varie referenze». Proprio il T.N. 04 Bronner 2014 si è classificato medaglia d’oro con 90/100; mentre il T.N. 06 Piwi Weiss 2013 ha totalizzato ben 94/100. «In questo caso non è stato possibile segnalare in etichetta il nome della varietà, il Souvignier Gris, perché non è ancora stata riconosciuta ufficialmente. Abbiamo utilizzato il termine Weiss, che in tedesco vuol dire bianco».

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