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Giovani e vino: una relazione complicata

13 Giugno 2024 Anita Franzon
Giovani e vino: una relazione complicata

Perché le giovani generazioni non bevono vino? È la domanda che si pongono molti professionisti del settore. Ma solo una minoranza capovolge il punto di vista: cosa fanno aziende ed esperti per attrarre nuovi consumatori?

Per approfondimenti: NorthBayBiz, Meininger’s International, Wine Business, Wine Enthusiast, SevenFiftyDaily, Revue du Vin de France, Meininger’s International e The drinks business

I dati parlano chiaro: l’ultimo report State of the U.S. Wine Industry della Silicon Valley Bank mostra come oltreoceano il consumo di vino sia diminuito per il terzo anno consecutivo, in particolare tra i consumatori di età inferiore ai 25 anni; una tendenza che sta velocemente raggiungendo anche il vecchio continente.

Alla ricerca dei colpevoli

Produttori di vino, venditori, importatori, sommelier e altri addetti al settore si sono subito affrettati a dare la caccia al colpevole. Per quanto riguarda il mercato statunitense, in tanti vedono nell’apertura verso la cannabis (legale in diversi Stati) una concorrenza al vino (NorthBayBiz), ma anche i cosiddetti ready to drink – cocktail pronti al consumo – non sono stati accolti di buon occhio, così come una sempre maggiore attenzione verso i prodotti senza alcol e anche a periodi di sobrietà (su tutti il Dry January e il Sober October) molto partecipati anche tra i più giovani.

Capovolgere il punto di vista

In mezzo all’affannosa ricerca del colpevole, in pochi si sono chiesti come attrarre nuovamente i giovani: i Millennial e la Gen Z, due generazioni che Honore Comfort, vice responsabile marketing del californiano Wine Institute, ha ribattezzato con il termine “Zillennial”. Da inizio 2024 l’ente ha investito risorse significative per svolgere ricerche e affrontare il problema scoprendo che, al contrario di quanto spesso riportato dalla stampa, i giovani non si sono allontanati dal vino, ma sarebbero solo alla ricerca di un nuovo approccio inclusivo che dia la possibilità di creare connessioni senza ubriacarsi. In sostanza: molti Zillennial ritengono che l’industria del vino non sia in contatto con le loro generazioni e i loro interessi (Meininger’s International).

Troppi pensieri e poche parole intorno al vino

Mentre i Baby boomer preferiscono un’esperienza esclusiva ed educativa del vino vedendo negli acquisti costosi un indicatore di successo finanziario, i loro figli sono molto più interessati a trascorrere momenti piacevoli e spensierati in ambienti informali accostando al vino un momento di completo relax; inoltre, si sentono respinti dall’ambiente dei wine club, considerati troppo elitari (Wine Business). Essendo, poi, i nuovi bevitori più diversificati dal punto di vista etnico rispetto alle generazioni precedenti, c’è chi propone di ripensare il linguaggio del vino. Secondo la sommelier Alice Achayo «la maggior parte degli articoli sulle riviste di settore afferma che la Gen Z non beve vino, ma forse non stiamo usando un linguaggio che li coinvolga».

Le parole e le sfumature contano

Originaria dell’Africa orientale e cresciuta in mezzo a profumi e sapori che solitamente i degustatori classificano genericamente come “frutta esotica”, Achayo è convinta che sia necessario un vocabolario più inclusivo e meno standardizzato: a partire dal WSET, che a 80 anni dalla sua istituzione nel Regno Unito non ha mai modificato il linguaggio in base ai vari mercati in cui è presente. «Le certificazioni aiutano a standardizzare il linguaggio del vino», spiega Achayo, «ma non c’è alcun riconoscimento dei riferimenti sensoriali e culturali di ogni specifico luogo: i suoi frutti, i fiori e le piante… È come una pessima traduzione di un libro di poesie in cui si perdono le sfumature» (Wine Enthusiast).

L’importanza dell’influencer marketing

Per catturare l’attenzione dei più giovani è importante affidarsi anche ai giusti professionisti. C’è, per esempio, chi avvia partnership con wine influencer, figure tanto controverse quanto utili. L’influencer marketing funziona soprattutto se inserito in un piano di comunicazione più ampio: lo sa bene Kristen Reitzell, responsabile comunicazione e marketing digitale di Jackson Family Wines, gruppo di 40 aziende vinicole sparse per tutto il mondo che da anni si affida alla comunicazione sui social tramite influencer specializzati. Secondo Reitzell la chiave è trovare il giusto equilibrio tra diversi canali, compresi i social media, ma gli influencer consentono di raggiungere specifiche nicchie di pubblico aggiungendo credibilità e fiducia per sostenere il messaggio di un brand. Collaborare con un professionista per raccontare la storia e le intenzioni di un marchio apre le porte a un target giovane (SevenFiftyDaily).

“E se Taylor Swift fosse la più grande wine influencer al mondo?”

Così titola la Revue du Vin de France. La cantante americana non nasconde il suo amore per il vino, a cui spesso rende omaggio nei suoi testi e nei video sui social network dove la sua influenza va ben oltre la musica ed è il frutto di un lavoro colossale, di una comunicazione senza precedenti e di una vera comunità di “swifties” che conta 300 milioni di follower solo su Instagram.
È bastata una foto pubblicata dalla cucina della cantante dove si intravede una bottiglia di rosé che, una volta identificata, è stata presa d’assalto dai fan: si tratta del californiano Gaslighter, blend di Pinot nero, Sauvignon blanc e Cabernet Sauvignon. Anche per il giornalista Robert Joseph, alias “Devil’s Advocate”, Taylor Swift e le altre celebrities amanti del vino con il loro ruolo di «catalizzatori di relazioni umane» potrebbero essere una soluzione alle vendite in calo tra la Gen Z (Meininger’s International).

L’ultima frontiera della degustazione: i wine rave

C’è, infine, chi ha spostato la sala degustazione in discoteca: a Londra, Berlino e New York stanno prendendo piede i “wine rave”, un altro approccio per coinvolgere chi non ne vuole sapere di file di bicchieri, sputacchiere, taglieri di formaggi e asettiche sale da degustazione nei circoli esclusivi delle città. Dj e artisti locali, musica dai ritmi incalzanti e clima festivo possono costituire il perfetto abbinamento con un buon calice di vino in un contesto in cui, solitamente, i partecipanti avrebbero trovato solamente una scelta di birra e cocktail. Forse queste feste dall’atmosfera underground non rivoluzioneranno il modo di degustare il vino, ma creano nuove e sorprendenti occasioni per avvicinare il calice alla sensibilità di un nuovo pubblico (The drinks business).

Foto di apertura: © creative christians – Unsplash

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